Chris Jagger: «Mick ama gli stadi, io l’intimità»

PADOVA. «Se mi dà fastidio che il mio nome sia sempre associato a quello di Mick Jagger? È mio fratello ed è il frontman dei Rolling Stones: ci sono abituato». A parlare è Chris Jagger, fratello minore del più celebre Mick. Anch’egli musicista, e poi attore, e poi speaker radiofonico («Ho fatto un mucchio di cose, vero? È che sono vecchio!»). Noi lo vedremo domani al Gran Teatro Geox di Padova, dove suonerà in occasione di “Irlanda in Festa”. «Mi piacerebbe venire a suonare a Venezia» dice Jagger jr. Quindi, se c’è qualche promoter che sta leggendo, se lo segni. «Tra l’altro, da quelle parti ho parecchi amici» aggiunge. Dove, precisamente, non siamo riusciti a capirlo.
Facciamo un passo indietro, all’infanzia. A Dartford nasceva Mick Jagger, una delle rockstar più amate di tutti i tempi. Qualche anno dopo sarebbe nato il fratello Chris, sempre musicista. Avrete vissuto in un ambiente particolarmente “music friendly”...
«Tutt’altro! Se dicessi che sono stati i nostri genitori a indirizzarci, mentirei. Ci siamo fatti da soli. Io ho sempre avuto una grande passione per la musica, come mio fratello: mi piaceva cantare e comporre poesie. E mi piace tuttora: scrivere canzoni, registrarle, suonarle dal vivo. È tutto molto divertente. Quanto alla composizione, poi, è un lavoro quasi catartico, in grado di estraniarti dal mondo».
E questo è quello che avete in comune. Una cosa, invece, che differenzia lei e Mick?
«Facile: a Mick piace suonare negli stadi, mentre io preferisco i posti più piccoli. Insomma, con poca gente!».
Eppure nel suo recente “All the best” suona con suo fratello e con David Gilmour, giusto per citare i più noti. Un comportamento bizzarro per chi vuole stare per conto proprio...
«Sono il fratello di Mick Jagger, ho lavorato con David Gilmour, ho conosciuto John Lennon, sono amico di Keith Richards. Quando ero ragazzo non mi accorgevo della grandissima fortuna che avevo. Ora che sono cresciuto, sono diventato più saggio e ho capito che enorme privilegio abbia avuto nel conoscere queste persone. Ho imparato moltissimo da ognuno di loro. Sono stato molto fortunato».
Un amore per la musica, il suo, che però ha conosciuto una pausa di ben vent’anni, tra il 1974 e il 1994. Perché?
«Erano gli anni Settanta. Io, a fare punk proprio non mi ci vedevo. Insomma, avevo quasi trent’anni: ero troppo vecchio per quelle cose! Però all’epoca o facevi punk o niente».
Quindi niente?
«Ho fatto teatro. Gliel’ho detto: ho avuto una vita lunga. Ho fatto di tutto. Anche il giornalista».
Che rapporto ha con i giornalisti?
«A volte mi mettono in imbarazzo con le loro domande su mio fratello».
Ok, allora torniamo a lei. Dal vivo cosa ascolteremo?
«Questa è una bella domanda. Salgo sul palco quasi senza sapere cosa suonerò: mi faccio ispirare dal momento e dal pubblico. Suono quello che ho voglia di suonare. Comunque farò soprattutto canzoni del mio repertorio, con uno o due brani di altri autori».
Recentemente ha pubblicato una raccolta, “All the best”. Sono le canzoni migliori secondo lei o secondo il suo pubblico?
«Non lo so, probabilmente secondo me. È stato come buttare giù la scaletta per un concerto. Sul palco amo molto improvvisare. Per questo disco ho scelto i pezzi che ritenevo fossero in assoluto i più “giusti”».
Chi è il mito di Chris Jagger?
«Bob Dylan».
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