Dall’Archivio di Stato di Treviso spunta una carta di Marco Polo

BORGHESI . AG.FOTOFILM . TREVISO ARCHVIO DI STATO, DOCUMENTO DI MARCO POLO, IN FOTO IL DIRETTORE ANTONIO BRUNO
BORGHESI . AG.FOTOFILM . TREVISO ARCHVIO DI STATO, DOCUMENTO DI MARCO POLO, IN FOTO IL DIRETTORE ANTONIO BRUNO

TREVISO. Una pergamena del 1320, una “carta di sigurtà”, che riporta per due volte il nome di Marco Polo potrebbe indicare nuovi percorsi alla storiografia del grande veneziano. È stata scoperta nell’Archivio di Stato di Treviso durante i lavori di riordino e digitalizzazione del Fondo Diplomatico inventariato dall’abate Bailo. «Una scoperta importante» sottolinea il direttore dell’Archivio di Stato, Antonio Bruno al quale si deve l’attribuzione e il rinvenimento della carta insieme a Giulia Migo, studentessa di Ca’ Foscari impegnata in uno stage. «Questa carta può aiutarci a fare progredire gli studi su Marco Polo» aggiunge. «Si può ipotizzare per esempio che Marco Polo avesse degli agenti a Creta e degli interessi commerciali lì, anche dopo la morte del padre Niccolò, dello zio Matteo e dei fratelli. Servono nuovi studi per ricostruire molti passaggi».

Il documento è una pergamena redatta a Venezia, il 16 novembre del 1320, dal prete notaio Filippo Spinelli per certificare l’avvenuto saldo di un debito contratto in precedenza da Pietro da Canal con il celeberrimo viaggiatore. A rimborsare Marco Polo, per conto di Da Canal, furono i fratelli Giovanni e Filippo Iuliano, «forse parenti del debitore» ipotizza Bruno. Il riferimento è a un prestito concesso nell’agosto dello stesso anno a Da Canal per conto della famiglia Polo, nell’isola di Creta dove i Veneziani conducevano i loro affari. L’accordo tra le parti viene rogato a Candia dal notaio Benedetto da Milano ed è a questa che si riferisce la pergamena trevigiana. Non si conosce l’importo del debito «forse per nascondere un interesse più elevato» aggiunge Bruno «c’è infatti la possibilità che Marco Polo concedesse prestiti, ma è tutto da studiare». La pergamena redatta di pugno dal notaio Spinelli, reca una sottoscrizione allografa, riporta cioè una sigla che veniva apposta dallo scrivente per conto dell’autore: Marco Polo, appunto. È certo che l’abate Luigi Bailo fosse a conoscenza del documento trecentesco perché lui stesso l’ aveva inventariato nel registro del Fondo Diplomatico. Non è invece noto come e perché sia arrivato a Treviso. Anche qui si formulano ipotesi: può darsi che il trasferimento sia avvenuto tra conventi. «Nel 1970 sono arrivati all’Archivio di Stato i documenti che erano stati affidati nel 1882 a Bartolomeo Cecchetti affinché li conservasse a Treviso» spiega il direttore. «Vengono dalla biblioteca comunale insieme ad un patrimonio ricchissimo». Un tesoro di circa 8.000 pergamene. —

Marzia Borghesi

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