Gli ultimi cinque giorni di Berlinguer la fine di un uomo e di un’epoca

Piero Ruzzante con Antonio Martini ricostruisce una vicenda umana e politica, e una svolta storica



Enrico Berlinguer muore a Padova l’11 giugno 1984 e quella tragedia segna anche la fine del “compromesso storico”, il tentativo di far incontrare il popolo comunista e quello cattolico, un patto che decollerà con l’Ulivo di Prodi dieci anni dopo. Per i funerali di Berlinguer l’Italia si blocca, come il giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Br. Migliaia di persone accompagnano lungo le strade il corteo funebre del leader del Pci dall’ospedale di Padova fino all’aeroporto di Tessera, in una giornata carica di dolore e di pioggia. La folla sarà oceanica per le esequie di piazza San Giovanni a Roma. Con il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che ignora il premier Bettino Craxi e piange la “perdita di un figlio”, condividendo con un tenero abbraccio il dolore della vedova Letizia Laurenti e delle figlie Bianca, Maria e Laura, e del figlio Marco.



In piazza dei Frutti a Padova c’è il cippo, realizzato da Elio Armano, che ricorda l’ultimo comizio di Berlinguer, la sera del 7 giugno 1984.

Il mazzo di fiori e la cerimonia di quest’anno saranno impreziositi dal libro di Piero Ruzzante e Antonio Martini: “Eppure il vento soffia ancora. Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer” (edizione Utet, 16 euro). Il 7 giugno 1984 Ruzzante era sull’ultimo palco di Berlinguer; poi consigliere regionale di LeU e deputato per due legislature, con il giornalista Antonio Martini ricostruisce, ora per ora, le ultime cinque giornate di vita del leader comunista, raccontando una Padova sgomenta e trasformatasi nella capitale politica del Paese. Non mancano i particolari inediti: Berlinguer inciampa sulla scala del palco prima del comizio in piazza dei Frutti e nessuno capisce che quel piccolo incidente potrebbe essere il primo sintomo dell’ictus che lo colpirà alle 22.09.



Dopo il malore è incomprensibilmente trasferito all’hotel Plaza e non subito all’ospedale, e qui viene visitato da Luciano Zanovello e Giuliano Lenci, che effettua il test di Babinski sulla pianta del piede sinistro diagnosticando l’emorragia cerebrale. Il leader è in coma: è tardi per salvarlo. Il professor Mingrino, che l’ha operato, e il professor Giron che lo segue in terapia intensiva, scriveranno poche ore dopo nel bollettino medico: «L’onorevole Enrico Berlinguer è stato sottoposto ad intervento chirurgico di svuotamento di ematoma intracranico. Il decorso postoperatorio è regolare pur denunciando uno stato di importante sofferenza cerebrale con sostanziale stazionarietà».

Berlinguer non si sveglierà più. A Padova arriva tutta la sua famiglia. E poi il capo dello Stato Sandro Pertini, Lama, Scalfaro, il cugino Cossiga, Rumor, Spadolini e Craxi, il premier che ha tagliato la scala mobile.

Ruzzante, nelle sue 240 pagine, ricostruisce la figura del leader che scelse la Nato al posto dell’Urss e che nel 1973 in Bulgaria rischiò la vita: uno strano incidente stradale con la Chaika su cui viaggiava distrutta su un’intera fiancata. Berlinguer abbandona l’ospedale di Sofia per farsi curare a Roma: è salvo. Pochi giorni dopo lancerà il compromesso storico, l’incontro con i cattolici che le Br fermarono con il sequestro di Moro il 16 marzo e la sua uccisione il 9 maggio 1978. Il giorno dell’agguato di via Fani il Parlamento voterà la fiducia al primo governo di solidarietà nazionale, guidato da Andreotti con l’astensione del Pci.

Ruzzante racconta anche gli anni di piombo delle Br e dell’Autonomia operaia. Il terrorismo insanguinerà il Veneto, con gli omicidi Albanese, Gori, Taliercio, il sequestro Dozier, i docenti gambizzati all’università. Mazzola e Giralucci saranno ammazzati nella sede del Msi, poi è la volta del poliziotto Niedda. Imperverserà anche il terrorismo nero: i carabinieri Codotto e Maronese saranno massacrati dai neofascisti dei Nar sul lungargine Scaricatore a Voltabarozzo. E poi le valigie per la strage di Piazza Fontana a Milano acquistate da Freda in piazza del Duomo nel dicembre 1969.

Ma c’è un aspetto che rende di grandissima attualità la tragedia di Berlinguer: per la prima volta in Italia, il comizio del leader Pci fu ripreso da un cineoperatore con il maxischermo che trasmise la tragedia in diretta. Quel filmato scompare subito dopo il discorso e verrà recuperato da Daniele Lorenzi dell’Arci. Il Pci pagò all’operatore 20 milioni di lire per la videocassetta. Furono Veltroni e l’agenzia Grazia Neri a bloccare la vendita delle immagini a una tivù francese, dopo una trattativa molto lunga.



Il vero ideatore della diretta del comizio è Leopoldo Zanetti, fondatore dell’Arci e titolare della Target: è lui che propone a Franco Longo, ex segretario del Pci di Padova, di riprendere l’evento di piazza dei Frutti per non lasciare al solo Craxi i fasti della modernità che avevano caratterizzato il congresso socialista appena celebrato a Verona. Sul palco c’è anche Silvio Finesso, operaio della Magrini Galileo di Battaglia Terme, che incontra Berlinguer al Plaza per tentare di bloccare la vendita dell’azienda alla Merlin Gerin. «Enrico non stava bene già nel pomeriggio», dice Finesso.



Quella di Padova è solo l’ultima presenza. Nel 1974 parte da Vittorio Veneto, poi un memorabile comizio in piazza Insurrezione e davanti alle grandi fabbriche per difendere la legge sul divorzio. Sceglie il Veneto per lanciare i temi ambientali, in un territorio preda della speculazione edilizia e vittima del dissesto idrogeologico già negli anni Ottanta. Tutti episodi raccontati fin nei dettagli nel libro. Ma ciò che più emerge è il ritratto di una generazione che ha creduto nel Pci di Berlinguer e che oggi si è frantumata in una galassia di micropartiti. Il ritratto di una stagione che si è chiusa quell’11 giugno 1984 e su cui è calato il sipario nell’ottobre 1989, con la caduta del Muro di Berlino. Quell’Italia non c’è più. Solo papa Francesco ne interpreta i valori, con la dottrina sociale della Chiesa, ma il tema non è trattato. Il libro si ferma alla vittoria dell’Ulivo del 1996.

Poi arriverà Berlusconi. —



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