Grandi ritorni e belle canzoni, i Planet Funk

“Recall tour” fa tappa domenica al Geox di Padova, Alex Neri racconta il segreto di una band in continua rinascita
Di Matteo Marcon

PADOVA. Benvenuti nel pianeta del funk: qui la forza di gravità e molto inferiore ai 9,8 m/s² della Terra, l’inno ufficiale è una canzone dei Parliament di George Clinton e gli abitanti si chiamano Guerrieri della luce (Coelho docet). A descriverlo così è Alex Neri, fondatore e anima del progetto Planet Funk, con il quale dal 2000 si balla in tutta Italia e oltre. Il viaggio “cosmico” verso questo mondo parallelo è fissato per domenica, l’astronave dovrebbe partire, puntuale, alle 21.15, dal Gran Teatro Geox di Padova (biglietti da 23 a 34 euro). È la seconda tappa del “Recall Tour” che segna il ritorno in grande stile della band-collettivo italo-inglese. House music, rock, pop, elettronica e funk uniti in una miscela equilibrata e propulsiva: in attesa del nuovo album atteso per il 2017 (dopo sei anni di silenzio discografico), da un mese è in radio il loro nuovo singolo “Non Stop”.

Sul palco assieme ai musicisti Alex Neri, Marco Baroni, Domenico Canu e Sergio Della Monica, ci saranno tutti e tre gli storici cantanti del gruppo: Sally Doherty, Alex Uhlmann e Dan Black. «Il tour» spiega Alex Neri, produttore e dj (con anni di conservatorio alle spalle) «si chiama Recall: sarà una carrellata delle nostre canzoni più famose. Abbiamo tutti e tre i cantanti sul palco, ognuno canterà le proprie hit. Sarà un concerto molto suonato con qualche inserimento di elettronica».

Dan Black con le sue smorfie e le interpretazioni originali nei primi anni 2000 era diventato un’icona del vostro progetto. Da cosa è scaturito questo “ritorno di fiamma”?

«Dan ha dato tanto ai Planet Funk e viceversa: è stato uno scambio reciproco. Tra i cantanti che hanno girato nel nostro collettivo forse lui è quello più riconoscibile come caratteristiche vocali e di performance. Torna per una sua esigenza personale, dopo il percorso solista, c’era la voglia di tornare a scrivere con noi. Tutto è partito da una cena a Parigi, ero lì per vedere una mostra sui Velvet Underground e ci siamo incontrati».

Il nuovo singolo è un omaggio al big beat dei Chemical e di Fat Boy Slim, vi sentite gli alfieri italiani di questo genere?

«Un po’ sì, con una differenza. Loro sono molto più elettronici, noi abbiamo fatto un percorso diverso. Abbiamo preso gli strumenti, li abbiamo campionati e creato il nostro suono così. Le tastiere scaturiscono da suoni di chitarra, batterie vere sono diventate batterie elettroniche: questa è stata la nostra sperimentazione. “Non Stop” in effetti è stato mixato a Londra da Steve dub, il fonico per eccellenza dei Chemical, quel tocco è venuto fuori certamente dalle sue mani».

Dove sta il punto perfetto di equilibrio tra rock e elettronica?

«La miglior sintesi che io abbia mai sentito è in Amnesiac dei Radiohead, opinione personale. Noi abbiamo un suono molto grosso che si porta dietro la club culture, che è anche un altro modo di pensare. È difficile miscelare tanti suoni e voci: “Inside all the People”, il successo del 2002, ci ha impegnato in 45 giorni solo di missaggio».

A proposito di club, come è cambiato il mondo della notte in questi anni dopo la parentesi techno-minimal?

«Questi fenomeni arrivano come generi dirompenti e rivoluzionari. Un po’ come la new wave ha fatto tabula rasa, è servito ad azzerare il periodo un po’ noioso dell’electro. Oggi si suona di tutto. Per i cambiamenti mi ci vorrebbe una giornata, forse c’è una fase di stanca: per i ragazzini l’obiettivo è quello di vedere un dj e non ascoltarlo. I target sono mescolati e la gente è un po’' in confusione».

Chi viaggia verso il “Planet Funk”, invece sa cosa trova: «cassa dritta e belle canzoni». Appuntamento domenica sera, al Geox di Padova.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova