I Bloody Cirkus e la tortura che dà spettacolo e catarsi

MONSELICE. Spettacolo adatto a un pubblico adulto, e nemmeno a tutti gli adulti. Domenica 3 giugno, alle 21.30, al parco Buzzaccarini (Boschetto dei Frati) sarà necessario essere consapevoli per...

MONSELICE. Spettacolo adatto a un pubblico adulto, e nemmeno a tutti gli adulti. Domenica 3 giugno, alle 21.30, al parco Buzzaccarini (Boschetto dei Frati) sarà necessario essere consapevoli per partecipare allo spettacolo dell’Etnofilmfest. Loro sono i Bloody Cirkus e metteranno in scena Cochaplague: hanno interiorizzato il “Copa-cocha”, antico rituale Inca che prevedeva il sacrificio umano. È una concezione di vita e di morte: la peste nera (plague in inglese), la morte in Europa che precede un nuovo inizio, il Rinascimento. I due atti dello spettacolo affrontano i temi del sacrificio del corpo e della morte della pelle, richiamando motivi religiosi e politici che sottendono le pratiche del corpo, i suoi rituali e le sue interpretazioni.

Il corpo, attraverso la pelle, è declinato in piacere, malattia, dolore, fino all’amore universale. Il risultato – assicurano gli antropologi – è catartico: chi assiste all’esibizione va via con una sicurezza, di non voler mai più vedere uno spettacolo del genere. Invece si torna alla ricerca di quella catarsi che purifica, che cammina a grandi falcate verso la contemplazione, oltrepassando colpe e passioni. Questi artisti sono i fakiri contemporanei che usano il proprio sangue per raccontare delle storie: la pelle è la carta e il sangue l’inchiostro. Lo spettatore dovrà aspettarsi l’acciaio che penetra la pelle, aghi, siringhe e ganci da macello con i quali i performer si bucanoe si sollevano, appesi a un lungo momento di estasi. È la Body art degli ultimi venti anni, quella che ha sdoganato la vista del dolore fisico, del sangue in passerella: il precursore FranKo B, quindici anni fa, tutto nudo e dipinto di bianco, percorrendo una passerella che faceva il verso all’alta moda, si piantava delle cannule nelle braccia per schizzare sangue fino a perdere i sensi. Gli stessi artisti che il 3 giugno saranno a Monselice, rappresentano scene di vita quotidiana, dove il sopruso causa sofferenza e questa sofferenza è marcata con il sangue delle ferite che i personaggi, di volta in volta, si procurano sul proprio corpo. Infine, appesi p ai ganci da macello, martoriati dalle automutilazioni, percepiscono la paura del dolore: questo genera talmente tanta adrenalina che il corpo e il cervello vanno in estasi. Appesi, calmi, sorridenti, alcuni perfino in erezione. «Il corpo nella sua individualità è causa di molti mali», spiegano, «Noi invece lo rendiamo sacrificio e lo doniamo come amore e unione, diventa insieme messaggio e dono. Rappresentiamo l’odio che si cura con l’amore». La perfomance sarà con Enzo Pertugio, Ingrid Morselli e Fabio Cappa ed è stata scritta dall’antropologo visuale Simone Bardi. Il gruppo è stato fondato nel 2006 da Nicola Cinalli, docente di antropologia a Roma 3, ricercatore all’Università Cattolica di Lima e alla U. B. di Barcellona. (el.sci.)

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