I Tarm: «Grazie a Jovanotti ora siamo reali»

PADOVA. Gli allegri ragazzi morti rimangono tre, ma sono più di una decina le mani che hanno contribuito al loro nuovo disco. Il decimo lavoro in studio della band di Pordenone si intitola “Inumani”, è uscito venerdì scorso e sarà presentato dal vivo sabato alle 21 al Centro Sociale Pedro di Padova (ingresso 10 euro). Il “giardino dei fantasmi” si arricchisce di nuovi “personaggi”. Sul fronte musicale la mano sapiente del fidato produttore Paolo Baldini ha mixato anche la chitarra di Adriano Viterbini, gli interventi di Monique Mizrahial al charango, Federico “Tich” Gava alle tastiere e, dulcis in fundo, la voce di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, che con la sua partecipazione conferma il forte legame con i Tarm (Tre allegri ragazzi morti). A questo elenco si aggiungono i nomi di Maria Antonietta, Vasco Brondi, Pietro Alessandro Alosi (Pan del Diavolo), Alex Ingram (Lupetto) e la scrittrice Peris Alati come autori in alcune canzoni del disco. Il tour è partito la settimana scorsa. La band formata da Enrico Molteni al basso, Luca Masseroni alla batteria e Davide Toffolo (chitarra e voce) proporrà dodici concerti esclusivi che vanno a realizzare la profezia dei “Cinque allegri ragazzi morti” (Storia edita dalla Panini comics e firmata dal cantante-fumettista). Si affiancheranno al trio anche Andrea Maglia e il già citato Adriano Viterbini. Dal vivo, la musica fa resuscitare.
Tanti ospiti nel disco e anche sul palco, insomma: in questi tempi di solitudine tecnologica quanto è importante recuperare una dimensione collettiva?
Risponde Toffolo. «Penso che sia una modalità molto bella, libera e stimolante. Questo disco è nato da una scrittura nostra, siamo ancora noi, i Tre allegri ragazzi morti, ma si sono sommate molte altre esperienze. Non è stato progettato, tutto ciò è semplicemente successo e conferma una cosa che dice spesso Viterbini: con la musica non si è mai soli. Penso sia vero. Tutti i grandi dischi hanno sempre avuto molte persone che ci lavoravano attorno, per noi è un po’ la prima volta. “Inumani” è musicalmente eterogeneo ma i tanti apporti esterni vanno ad arricchire uno scenario, il nostro, che rimane stabile».
Di togliere la maschera, insomma, non se ne parla?
«Non avverrà mai: noi siamo la maschera, siamo un’idea».
Ancora rock, reggae e folk, ma per “Inumani” con le sue sonorità accattivanti, possiamo parlare di definitiva svolta pop?
«Questo è un disco “hi-fi” anziché “low-fi”, suona bene, non è sperimentale come gli ultimi due che abbiamo fatto, è più rotondo. Ma la scrittura è la stessa: un cambiamento di forma più che di sostanza».
“Persi nel telefono” mette il dito nella piaga dei nostri tempi. Volete mettere in guardia i giovani?
«È un pezzo ironico, una lente sulla condizione della musica. Ma è davvero lontana da me l’idea che prima era meglio, non è mai veramente così. Siamo tutti nella stessa situazione: quando finiscono i giga sono cavoli amari per tutti».
Nel 2013 avete aperto il suo tour negli stadi, in questo disco Jovannotti ricambia il favore, che influenza ha avuto nel vostro percorso?
«A livello artistico non molto, di certo l’incontro con lui ha contribuito a rendere, nella gente, l’idea dei Ragazzi morti come un gruppo reale e pronunciabile. Lorenzo rappresenta veramente la musica popolare italiana: ai suoi concerti ci vanno tanti spettatori quanti sono gli abitanti della città dove siamo nati, lui parla a tutti. Noi raccontiamo un’altra Italia che non è quella dei media, messi vicini però facciamo un cerchio completo».
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