Il senso del tatuaggio per l’eternità Una storia millenaria scritta sulla pelle

All’M9 di Mestre la doppia esposizione dedicata ai disegni che hanno rappresentato potere, degrado e ribellione



Sacralità, appartenenza, ribellione, esibizionismo, arte: c’è tutto questo in un tatuaggio e anche molto di più. C’è una storia millenaria scritta sulla pelle degli uomini che arriva fino ad oggi e che attraverso la pratica del tatuaggio ci racconta usi, costumi, tradizioni e aspetti della psiche umana di un singolo individuo o di una intera comunità.

molti significati

Sulla pelle è per sempre: ciò che è inciso nella carne dà all’uomo quel senso di eternità che non gli appartiene per natura. Ma a seconda delle latitudini e dei secoli, il tatuaggio ha assunto per i vari popoli significati assolutamente diversi. Ce li racconta in maniera accattivante il Museo M9 nella nuova doppia esposizione aperta fino a domenica 17 novembre “Tattoo. Storie sulla pelle” e “Tattoo off”.

Organizzata in collaborazione con la Fondazione Torino Musei e allestita nel grande spazio al terzo piano del Museo del ‘900, “Tattoo. Storie sulla pelle” – a cura di Luca Beatrice e Alessandra Castellani - ripercorre a livello planetario la storia del tatuaggio dal punto di vista antropologico, artistico e sociale. Un viaggio nel tempo che parte da Ötzi, la mummia del Similaum, il più antico uomo tatuato di cui si abbia traccia, e arriva fino all’arte contemporanea coi maiali tatuati di Wim Delvoye. Un percorso fatto di reperti, oggetti, foto, libri e video. Dallo “stigma” degli antichi romaniai tatuaggi delle popolazioni del Nord Europa, terribili a vedersi e per questo ancor più temute dalle legioni, il tatuaggio nell’area mediterranea è sempre stato legato al concetto di “barbaro”, di non civilizzato. Per la religione cristiana poi il corpo a immagine di Dio diventa tempio inviolabile e dunque chi lo altera è reietto, perduto. Ben altra è la concezione che del tatuaggio hanno le popolazioni polinesiane: primo tra tutti lo scopre nel Settecento l’inglese James Cook, che in uno dei suoi viaggi entra in contatto con tahitiani e maori.

Qui i tatuaggi sono segni distintivi del rango e hanno potere magico. La stessa parola “tattoo” ha origini polinesiane ed è onomatopeica: riproduce il rumore dello scalpelletto utilizzato per incidere la pelle e poi colorarla.

Cultura “altra”

Dall’Oriente all’Occidente, il segno sul corpo ha continuato ad essere espressione di una cultura “altra”, che definisce persone che vivono ai margini della società, dai carcerati alle prostitute, dai malavitosi ai marinai.

L’antropologo Cesare Lombroso arriva persino a codificare in maniera scientifica i criminali tatuati. E’ solo nella seconda metà del Novecento che il tatuaggio viene sdoganato e diventa pop, simbolo di ribellione prima e di appartenenza poi, fino a diventare un fenomeno di massa.

gigantografie

Il tatuaggio a tutti gli effetti entra a far parte dell'arte contemporanea, tra arte concettuale e arte decorativa. Lo testimoniano le gigantografie selezionate da Maxx Testa (l’organizzatore della Venezia International Tattoo Convention) per “Tatoo off”: esempi di lavori artistici realizzati dai più importanti tatuatori internazionali come Alex De Pase, Marco Manzo, Moni Marino, Silvano Fiato e Volko + Simone.

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