La bambina nuda tra le “Persone” e gli sguardi che non la vedono

Un’interpretazione scientifica e appassionante del dipinto di Casorati, l’inizio dell’ambiguità



Vi è un quadro del giovane Casorati che segna il passaggio tra il realismo degli esordi padovani e le influenze secessioniste del periodo veronese, un punto d’arrivo e di partenza carico di presagi. “Persone” è stato esposto nel 2016 ai Musei Civici di Padova nella mostra “Il giovane Casorati”, riprodotto nella copertina del catalogo. Ora questo fondamentale dipinto è in mostra in uno spazio dedicato alla Fiera Antiquaria, in corso a Modena fino a domani, presentato dalle Gallerie Enrico.

Canone ottocentesco

Il quadro venne eseguito a Napoli dove il giovane si era trasferito con la famiglia da Padova (il padre era ufficiale dell’esercito), città nella quale si era laureato in Giurisprudenza e aveva iniziato lo studio della pittura. All’epoca del dipinto, 1910, Casorati aveva già esposto alle Biennali di Venezia, alle Mostre degli Amatori e Cultori di Roma e alle giovanili di Napoli e Rimini. Dipingeva bambine, vecchie e adolescenti: soggetti che studiava dal vero ma poi spaesava inserendo una screziatura di mistero, di inquietudine, spesso ricavata dai maestri del passato. Lavorava sui “tipi”, tornando più volte sugli stessi soggetti: “Persone” li mette intorno a una tavola.

Casorati è sempre stato vago, fuorviante, persino sprezzante riguardo le interpretazioni dei suoi dipinti. Ma stavolta l’intento è già nel titolo: persona, personaggio, maschera. Le tavolate all’aperto sono un canone della pittura borghese del tardo Ottocento; scenografia meridiana che allestisce brani di natura, luci, ombre, colori, volti, nature morte vivificate dall’ora assolata e dal buonumore della mensa. Ma nel nostro dipinto vi è solo l’apparenza di tutto questo. Esposto nel 1911 all’Esposizione Internazionale di Roma per il cinquantenario dell’Unità d’Italia, suscita commenti che il pittore rigetta: Ojetti parla di mensa, Lago di famiglia. Niente di ciò. Si salva l’amico degli anni padovani Cavaglieri, che ha capito: «Io soltanto forse capirò che la tua è un’opera d’arte mancata, ma che porta i germi di un rinnovamento molto sano e giusto».

il giovane canilli

È il quadro più grande e più colorato fino ad allora uscito dall’atelier del pittore: davanti a una quinta frondosa sei convitati e una strana bambina sono seduti intorno alla tavola. Spira un’ambiguità pirandelliana: una vecchia, un uomo, una bambina piccola, un adolescente malinconico e tre giovani donne. La vecchia è la stessa di altri dipinti a partire da “Vecchietta padovana” del 1906: stessa faccia rugosa e beffarda, stessa camicia; vangelo e rosario sotto il gomito e orecchini rossi. L’uomo è il soggetto più banale, presto abbandonato dal pittore; richiede un realismo piatto, quella pennellata sciolta, abbreviata, propria della pittura moderna che Casorati detestava. È un uomo di cultura, uno scrittore, forse un artista, legge un libro. La giovane a sinistra è vestita di nero, abbandonata sulla sedia volge lo sguardo in direzione del ragazzo intento a osservare una statuetta di satiro. Non la degna di uno sguardo ma osserva il bronzetto del soggetto mitologico più compromesso con la brama sessuale. Quel ragazzo è Ferruccio Canilli, figlio del professor Carlo che da Padova si era trasferito a Napoli a dirigere il liceo Garibaldi. Le due famiglie si frequentavano; Casorati fotografò Ferruccio in pose malinconiche, giorgionesche, che poi trasferì in pittura. Il giovane morirà a 20 anni sul Carso; i discendenti dei Canilli vivono ancora a Padova. Le due donne a capotavola sono più solari, più mediterranee (del genere Zuloaga): quella seminascosta dal mazzo di fiori è di una bellezza palmare, lo sguardo fuori scena, curioso, allertato. L’altra sorride al pittore: è appagata, festante nel suo rosso abito estivo. La bambina è la figura più inquietante: nuda, di schiena, seduta sui piedini in una posizione poco naturale.

Segreti inconfessabili

La vecchia, pur frutto di esercitazioni dal vero, è l’erede di tutte le serve-mezzane della storia dell’arte, dai greci a Caravaggio, dai fiamminghi a Medardo Rosso. È colei che conosce e conserva i segreti più inconfessabili e li tieni chiusi a chiave nello scrigno che ha davanti. La giovane in nero è Dolores, l’infelice che avrà questo nome in “Le signorine”, il celebre dipinto che Casorati presenterà alla Biennale del 1912, ora gioiello di Ca’ Pesaro. Anche le altre due avranno i nomi assegnati nel dipinto, Violante e Gioconda, colei che desidera l’amore e colei che l’ha provato. La bambina sparirà per far posto all’adolescente Bianca la cui sottile nudità gioca a combinare la purezza botticelliana con il turbamento erotico del tutto evidente e insinuante nello specchio che Casorati ha posto dietro, a terra, in modo tale da rimandare l’immagine delle delicate terga.

Quel nudino di schiena era già comparso nel 1909 in una tempera che rappresentava due bambine sedute: una con l’abito bianco e rosa vista frontalmente e una nuda vista di spalle, speculari a chiasmo. Il dipinto venne acquistato dal Sovrintendente Gino Fogolari alla mostra di Ca’ Pesaro del 1913 che riservò grande spazio al pittore a quel tempo veronese. Strano soggetto quella bambina, da dove l’ha tirato fuori Casorati. Per le terga esposte ha citato, tra il serio e il faceto, le tentazioni di Sant’Antonio di Bernardo Parentino dove un soldato indossa pantaloni con il sedere scoperto. Ma su quella singolare bambina senz’abiti non si è mai pronunciato, né alcuno si è interrogato.

sconosciuto familiare

Nella monografia pubblicata in quest’occasione abbiamo proposto due ipotesi interpretative: la prima chiama in causa il perturbante freudiano, la seconda che si tratti di una bimba che non è più, che è morta. Freud ha scritto il saggio sul “perturbante” nel 1919 dunque nessuna influenza diretta, ma il tema dello “sconosciuto familiare” che allarma, sconcerta e incute paura ci sta tutto, visto anche il sorriso di complicità della madre con il pittore, o con noi che guardiamo il quadro, che ostenta indifferenza per la nudità e la postura disagiata della bambina. La piccola inoltre sembra guardare la scatola chiusa dalla mano della madre: dunque quella giovane donna, florida e gioconda, o è una madre snaturata o non vede la bambina. Vi è una tradizione divisa tra iconografia ed esoterismo che indica come le persone morte siano rappresentate viste di schiena oppure nude in un contesto di persone vestite. Dal punto di vista formale turba il pungente antinaturalismo della posa e della resa dell’incarnato dentro a una parvenza realistica.

Non sappiamo cosa passasse per la mente dell’artista. La cerebralità è sempre stata una nota saliente dei lavori di Casorati il cui ermetismo si accentuerà quando, dopo la guerra e il suicidio del padre, la sua pittura acquisterà i toni di un figurativo spoglio ed enigmatico. Quel nudino e, più in generale, il dipinto “Persone” segnano una tappa fondamentale verso un’arte dominata da un’insondabile ambiguità. —





Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova