Le parole, il Veneto, il dialetto passione e studio di una vita Manlio Cortelazzo, il professore

Una lunga attività di ricerca mai scissa dalla divulgazione, la sua Università lo ricorda

Ivano Paccagnella

La sua ultima grande impresa era stata il Dizionario veneziano della lingua e della cultura popolare nel XVI secolo pubblicato nel 2007, alla bella età di 89 anni. Un’opera condotta “in solitaria”, confrontando i lemmi del grande vocabolario del Boerio con i testi della letteratura veneziana, da Calmo alle anonime bulate, bravate, dalle lettere dei mercanti, dagli inventari, dai contratti matrimoniali al Caravia, a Marin Negro ( “riscoperto” da Cortelazzo sia nella sua misura dialettale che in quella di teatrante) ad una miriade di testi anonimi che nella Venezia del Cinquecento giravano in stampine di pochi fogli, povere, popolari appunto. Senza l’ausilio di mezzi informatici (anzi nella sua Premessa ringrazia la “mitica” segretaria dell’Istituto di Glottologia «che in epoca precomputerizzata ha battuto a macchina con rara perizia l’intero testo»). Un’opera che in realtà copriva un cinquantennio della sua attività di studioso e ricercatore, allacciandosi al progetto di un archivio lessicale veneto progettato a fine anni’50 da Gianfranco Folena alla Fondazione Cini (ci sono ancora i primi grandi “schedoni”, manoscritti) e al grande lavoro dell’Atlante linguistico mediterraneo. Ed è significativamente sorprendente che alla fine delle loro carriere (e delle loro vite) entrambi questi grandi studiosi abbiano chiuso con un “vocabolario”: del veneziano rinascimentale, di Goldoni, i due apici della cultura veneta.

in biblioteca

Per molti di noi, che gli eravamo stati primi allievi e poi colleghi, questo lavoro (e gli altri cui si accennerà dopo) resta inscindibile dalla sua figura alta, sempre elegante in giacca blu, dalla coda di capelli candidi (un vezzo degli ultimi anni), appoggiata ai banconi della biblioteca di Maldura a compulsare altri vocabolari, altri testi, come prima all’Istituto di Glottologia di via Accademia, davanti alla strepitosa raccolta di vocabolari dialettali (un unicum nell’Università italiana) che aveva messo insieme, a complemento, vorrei dire, di quelle dei vocabolari delle lingue europee ed extra curate da due altri grandi maestri degli studi storico-linguistici quali Tagliavini e Pellegrini. Con una puntualità impiegatizia, vorrei dire: dall’apertura, alle 9, a mezzogiorno.

Le parole, il Veneto, la grande passione di una lunga carriera: dagli arabismi (1957) alla lingua franca (1977), dall’influsso linguistico greco (1970), dai prestiti bizantini nel veneziano al grechesco (1972) e ai prestiti dal turco (1965) dalle parole degli antichi portolani (1967) al vocabolario marinaresco elbano (1965), dal gergo marinaro e militare (1954) alla serie ininterrotta di “Parole padovane” che Manlio Cortelazzo andava pubblicando dal 1990 con puntualità ininterrotta su “Padova e il suo territorio”, compulsando glossari rari e peregrini ma anche intervistando «parlanti nativi» e quelli che lui chiamava «i poeti della domenica», ingenui, scolastici ma preziosi come documento del dialetto parlato e reale. Poeti cui non faceva mai mancare una prefazione, una presentazione, con grande generosità.

La mole di lavori

Al Veneto e alle sue parlate ha dedicato una mole enorme di lavori: su Chioggia (1996), il veneto lagunare (1993), il gradese (dal 1969 in avanti) Pirano, con la “piccola” sintesi di Parole venete (1994) e degli Itinerari dialettali veneti (1999); storie di parole, di tradizioni: come scriveva nell’introduzione (sintetica, essenziale, come tutte le premesse e introduzioni ai propri lavori) agli Itinerari, «per cogliervi l’anima segreta dell’uomo veneto». La sua attività di studioso non è mai stata scissa da quella del divulgatore, basterebbe pensare al Sussidiario di cultura veneta (1996), al Manuale di cultura veneta (2004) alla guida di Grafia veneta unitaria (1995), in cui mette ordine in un campo aperto alle interpretazioni più bizzarre di «coloro che scrivono spesso in dialetto e non si curano di sottigliezze», ai quindici volumetti di “Guida ai dialetti veneti” pubblicati fra il 1979 e il 1999, apparato sostanziale dei corsi di Dialettologia veneta da lui organizzati per insegnanti e appassionati.

La summa di questa attività lessicografica sono il Dizionario etimologico della lingua italiana, in collaborazione con Paolo Zolli, pubblicato fra il 1979 e il 1985 in cinque volumi, aggiornato e ripreso fino al 1999, continuamente arricchito e rideterminato nel puntuale commento ai lemmi e alla datazione delle prime attestazioni, e il Dizionario etimologico dei dialetti italiani (1992), in collaborazione con Carla Marcato.

impiegato di banca

All’accademia, alla dialettologia Cortelazzo non era arrivato presto, con una carriera lineare. Impiegato in banca, era stato per così dire “ripescato” da Folena. Ma poi nel corso di mezzo secolo è venuto fondando la dialettologia italiana come disciplina universitaria autonoma, sottratta al pesante patrocinio dei glottologi e degli storici della lingua italiana. Dai lavori minuti, sul campo e sui testi, era passato all’organizzazione degli studi con il Centro per la dialettologia italiana del Cnr, che pubblicherà i ventitré volumi del Profilo dei dialetti italiani e “La ricerca dialettale”. Per quanto ritenesse «ancora prematura» una storia della dialettologia, nel 1980 ne aveva abbozzato le linee essenziali in I dialetti e la dialettologia in Italia (fino al 1800) e soprattutto aveva dato un manuale tuttora insuperato, l’Avviamento critico allo studio della dialettologia italiana, con un primo volume di problemi e metodi e un secondo sull’italiano popolare (1969, 1972).

I “centenari”, si sa, possono essere vuota celebrazione. Ma possono essere anche l’occasione per fare il punto sulla vitalità degli studi di una disciplina, di una personalità. Opportunità non certo sprecata in questo convegno per Cortelazzo, puntato sui suoi interessi – la dialettologia, l’etimologia, l’italiano popolare, il contatto linguistico – e sbilanciato più sul futuro che sul passato, sull’eredità che ci lascia questo grande studioso, la cui parabola si può sintetizzare nel sottotitolo di un suo libro dell’82, Memoria di parole: «Dialetto tra vita e letteratura». —





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