Pestalozza: «La musica era nel mio destino»

Mahler e Schönberg nel programma del concerto con l’Opv al Pollini di Padova. I ricordi: «Con Abbado giocavo a calcio»

PADOVA. Sarà Andrea Pestalozza a dirigere questa sera (alle 20.45) il concerto dell’Orchestra di Padova e del Veneto all’Auditorium Pollini, nuovo appuntamento della 52esima stagione Teatri del suono. Accanto a lui, il basso Christian Andreas Adolph e il pianista Emanuele Arciuli. Il programma accosta tre grandi compositori attivi a Vienna in epoche diverse: Mahler, Schönberg e Schubert.

Figlio del pianista Carlo Pestalozza e di Luciana Abbado, che fu a lungo animatrice del festival Milano Musica, lo zio Luigi musicologo, Andrea Pestalozza non poteva sottrarsi a un destino nella musica.

Prima di approdare alla direzione d’orchestra, lei ha iniziato la carriera da strumentista.

«Sì. Dapprima come percussionista, fino ai 21 anni. Entrai presto in orchestra e vinsi il concorso per insegnare in Conservatorio a Milano. Poi, una volta diplomato anche in pianoforte, ho fatto il pianista, come solista e camerista. Ma la vera passione, fin da bambino, era quella di dirigere. Tra i vari maestri che ho seguito, l’insegnamento fondamentale è stato quello di Piero Bellugi. Così la mia attività è proseguita sul podio, anche se ultimamente ho nuovamente ripreso a suonare in pubblico il pianoforte».

La musica contemporanea è sempre stata la parte preponderante del suo repertorio.

«È stato inevitabile. Nei miei anni di formazione mia madre lavorava alla Ricordi e portava a casa nostra Berio, Nono, Maderna, Sciarrino. Con Nono, Abbado e Pollini giocavo a calcio. Mio padre suonava Webern e Dallapiccola. Ho conosciuto la musica moderna prima di quella classica».

Primo brano in programma, i Rückert Lieder che Gustav Mahler compone all’inizio del XX secolo, contemporaneamente alla Quinta Sinfonia. Si allontana dalle ingenue filastrocche del Wunderhorn, per accostarsi ad un poeta come Rückert, di cui musicò anche i Kindertotenlieder (Canti dei bambini morti). Un poeta già amato da Schubert, Schumann e Brahms.

«Mahler sente come Schubert la continuità tra l’amore e la morte e tocca l’acme della rarefazione in Ich bin der Welt abhanden gekommen (Perduto ormai io sono per il mondo). Costruisce lugubri atmosfere usando solo i fiati in Um mitternacht (A mezzanotte). Ma ci fa assaporare l’olezzo del tiglio in Ich atmet' einen linden Duft (Respiravo un dolce profumo), usando solo violini, viole e arpa. Sa essere malizioso in Blicke mir nicht in die Lieder (Non spiare le mie canzoni), ci richiama ad ideali di purezza in Liebst du um Schönheit? (Mi ami per la bellezza?)».

Ci sarà poi l’Ode to Napoleon Buonaparte di Arnold Schönberg, che si ascolta meno di frequente dell’altro melologo Un sopravvissuto di Varsavia.

«Devo dichiarare la mia preferenza per l’Ode, che è in realtà una feroce, sprezzante invettiva. Un testo di Byron, rivoluzionario deluso da Buonaparte. Schönberg la mette in musica nel 1942, pensando a Hitler. Da ebreo, era fuggito da tempo dall’Austria per sottrarsi alle persecuzioni ed aveva ottenuto la cittadinanza statunitense nel 1940. Eseguiremo l’impegnativa versione per orchestra d’archi e pianoforte».

La prova generale, oggi alle10.30, è aperta al pubblico, che potrà anche seguire le “Lezioni di sabato. Ripetizioni al Liviano”, sabato 10 febbraio (ore 17.30) con il musicologo Paolo Petazzi, affiancato dall’Orchestra e da Andrea Pestalozza.

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