Storia di un impero nei cannoni della Serenissima

Il professor Beltrame ha esaminato e catalogato 230 pezzi di artiglieria trovati in giro per il mondo
Di Francesco Jori

di Francesco Jori

Un’autentica cannonata: in tutti i sensi, letterale e figurato. Un lungo lavoro di ricerca in un settore specifico porta alla luce l’ennesima conferma della straordinaria e plurisecolare vicenda della Serenissima, mettendone insieme i due ingredienti di fondo, che ne hanno fatto a lungo una superpotenza commerciale e militare. Assieme a un terzo e fondamentale requisito: l’alta tecnologia. Merito di uno studio in atto da ormai cinque anni e che sta volgendo alla conclusione, condotto dal professor Carlo Beltrame, del dipartimento di studi umanistici dell’università veneziana di Cà Foscari. Con un finanziamento della Regione Veneto, ha esaminato e catalogato con tanto di schede, fotografie e disegni decine di pezzi di artiglieria “firmati” dalla Repubblica di Venezia che venivano montati sulle navi di casa, ma anche venduti all’estero, e particolarmente ricercati per le loro caratteristiche. Una punta d’iceberg, si può dire, considerando che i cannoni veneziani erano migliaia; ma fondamentale per esplorare e conoscere da vicino un fenomeno altrimenti sommerso.

Una prima fase, durata tre anni con una coda di uno, ha consentito di individuare e classificare oltre 180 pezzi, sparsi tra Turchia, Grecia e Croazia; una seconda fase, in via di conclusione, ne ha aggiunto un’altra cinquantina, stavolta riferiti a Italia, Malta, Spagna, più un relitto in Israele.

All’inizio, le ricerche erano partite dalla Grecia, con una serie di sopralluoghi in fortezze veneziane e musei del Peloponneso, di Atene, di Creta e di varie isole; poi si è passati alla Turchia, dove in particolare all’Askeri Museum di Istanbul sono stati documentati un centinaio di pezzi in bronzo di vario calibro. Tra questi, un pezzo decisamente unico è un mortaio “ad organo”, consistente in un’arma a sei canne movimentabile per mezzo di manici.

Cosa ci dicono tutti questi reperti della Serenissima? Risponde il professor Beltrame: «Confermano l’importanza della produzione dell’artiglieria veneziana a livello mediterraneo per tutto il Cinquecento e una parte del Seicento, segnalando l’esistenza di una leadership indiscussa per la manifattura in bronzo. Sono pezzi utilizzati dalla Serenissima, ma anche realizzati su commissione per conto di altri Stati. È una qualità decisamente superiore alla media, che garantisce a Venezia una supremazia produttiva almeno fino alla metà del Seicento, quando specie nel nord Europa entra in scena l’artiglieria in ferro fuso, che consente un risparmio di costi e una riduzione del peso, il che consente di caricare sulle navi fino a 50-60 cannoni». Venezia prende atto dell’innovazione e cerca di adeguarsi sia pure in ritardo. Tuttavia, segnala Beltrame, «non ha una tecnologia all’altezza, e inoltre il clima non consente di eseguire le gettate in ferro fuso nei cantieri dell’Arsenale; allora decide di affidare la produzione in terraferma a privati, in particolare nel Bergamasco». E peraltro la Serenissima, impegnata com’è nelle guerre in Morea, ha bisogno di questo tipo di artiglieria; così manda un Alborghetti (membro di una delle p. rincipali famiglie di fonditori veneziani, assieme ai Di Conti) a Londra per verificare la possibilità di acquistare da un produttore inglese un lotto di pezzi; e ne acquisisce un centinaio tra mortai e cannoni. Spiega Beltrame: «In teoria, gli Alborghetti e i Di Conti avrebbero dovuto lavorare solo per la Repubblica; ma in realtà producono sia per privati che per altre nazioni».

Da rilevare che le artiglierie veneziane potevano uscire per l’appunto sia da cantieri privati che statali; in quest’ultimo caso sui pezzi si trova il leone marciano in moleca, accosciato, andante o in altre posizioni. È sempre inciso il peso in libbre grosse, e possono essere presenti le iniziali o i nomi dei fonditori e gli stemmi gentilizi del committente o dei procuratori che sovrintendevano alla produzione statale. Inoltre può comparire la data; in alternativa, a mettere a fuoco la cronologia sui pezzi statali aiuta la presenza o assenza della “X” del Consiglio dei Dieci, che viene apposto solo a partire dal 1588, quando la competenza per la nomina dei provveditori alle artiglierie passa dal Senato a quest’ultimo.

L’ampia ricerca consente da un lato di tutelare un considerevole patrimonio storico e artistico, e dall’altro di approfondire la conoscenza della storia militare ma anche economica e produttiva della Serenissima specie per quanto riguarda la metallurgia. Un’ultima, importante sottolineatura: l’intero studio è stato tradotto in due volumi, ma è anche disponibile a tutti su internet, tra l’altro con una documentazione che comprende una modellazione in 3D dei singoli pezzi.

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