Boyle, il mio Oscar? Lo tengo in una scatola

(ANSA) - ROMA, 12 GIU - L'Oscar vinto per la regia di The millionaire (una delle otto statuette andate al film, ndr) "l'avevo sistemato su uno scaffale. Tu pensi di averlo là per guardarlo ogni tanto ma in realtà e lui a guardarti… per tutto il tempo. Così l'ho messo in una scatola". Lo racconta sorridendo Danny Boyle protagonista di una masterclass alla Casa del Cinema, per l'uscita del thriller horror distopico 28 anni dopo con Jodie Comer, Aaron Taylor-Johnson, Ralph Fiennes e Alfie Williams, nelle sale dal 18 giugno con Eagle Pictures. L'incontro, organizzato da Fondazione Cinema per Roma e Sony Pictures, si è aperto con la proiezione, in due sale piene, di 28 minuti in anteprima del film, ritorno del regista e dello sceneggiatore Alex Garland al mondo post apocalittico creato in '28 giorni dopo' (2002). Per ogni progetto, "si ricomincia da zero, dal primo gradino. I vantaggi di aver vinto un Oscar spariscono molto rapidamente" aggiunge. Classe 1956, britannico, Boyle ha scoperto il cinema a 11 anni con La battaglia dei giganti di Ken Annakin ("George Lucas ha preso spunto da lui per il nome del personaggio di Star Wars"). Il suo film preferito però "è Apocalypse now, e in 28 anni dopo troverete dei riferimenti - osserva -. Francis Ford Coppola è un regista immenso". Il riscontro internazionale per Boyle è arrivato al secondo film, con Trainspotting (1996): "Ho capito che era fondamentale rimanere coi piedi per terra, e usare un successo per realizzare il progetto successivo". Così ad esempio "grazie a The millionaire ho potuto fare '127 ore', sulla storia vera, di Aron Ralston, un alpinista che, rimasto intrappolato in una gola, dovette amputarsi un braccio per liberarsi. Prima gli studios non me l'avrebbero mai finanziato". Il cinema sul grande schermo per lui è irrinunciabile: "I signori della tecnologia ci incoraggiano a radicare la nostra vita sui loro strumenti di comunicazione, vogliono che ci colleghiamo al mondo attraverso smartphone e piattaforme, ma il cinema è una straordinaria esperienza collettiva come una partita di calcio, non si può assolutamente perdere". Da spettatore ama anche i bei blockbuster: "Mi piace tutto quello che crea una connessione. Non credo però che potrei lavorare così con un grande studio e quelle star. Ho visto Mission impossible", ma "non lo dirigerei. Mi piacerebbe però dirigere qualcosa come Sinners che pone al pubblico determinate sfide". (ANSA).
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