Butti, da Australia coraggio su stop social a minori, alternativa è educare o normare

(ANSA) - ROMA, 15 DIC - Il dibattito aperto dalla decisione dell'Australia di vietare l'uso dei social network ai minori di 16 anni rappresenta un'occasione importante di riflessione anche per l'Europa e per gli Stati membri dell'Unione europea. E l'esperienza australiana darà spunti di riflessione circa le soluzioni da percorrere rispetto all'accesso dei più giovani ai social, se educare, con un processo che richiede del tempo, oppure normare, o arrivare a un divieto netto come deciso da Sidney "con una decisione coraggiosa": a sottolinearlo il Sottosegretario all'Innovazione Alessio Butti, intervenendo al confronto su 'Giovani e benessere emotivo tra cultura, sport e socialità', promosso dall'Associazione Civita in collaborazione con ANSA e dedicato ai temi del XVI Rapporto Civita "Semi di Futuro" proprio sul benessere giovanile. "Normare è un pochino più complicato rispetto a vietare sic et simpliciter qualcosa - osserva Butti - e diciamo che l'occasione australiana offre un ripensamento anche relativamente a quello che alcuni Stati membri dell'Unione europea stanno cercando di affrontare; sotto il profilo culturale il tema è ancora dell''age verification' di chi accede ad un social o ad altri siti internet anche legati all'Intelligenza artificiale "tema che impegna sotto il profilo etico, sotto il profilo morale soprattutto chi deve poi procedere con la legislazione cioè quindi con la normazione: credo che debba assolutamente considerare molte delle competenze che sono a questo tavolo, soprattutto chi si occupa degli sviluppi della mente umana" afferma ancora il sottosegretario all'incontro cui partecipano oltre che la Segretaria generale dell'Associazione Civita Simonetta Giordano, lo psichiatra Emanuele Caroppo, il Presidente dell'Istituto per il Credito Sportivo e Culturale Beniamino Quinteri . La soluzione adottata dall'Australia è indubbiamente "coraggiosa", ma occorrerà capire se possa diventare un modello o se, invece, evidenzi i limiti di un approccio esclusivamente proibizionistico. A tale riguardo Butti introduce nel dibattito la parola "fiducia" fondamentale nel rapporto intergenerazionale, ma anche nella relazione tra cittadino e pubblica amministrazione digitalizzata, così come tra l'utente e le piattaforme tecnologiche. "Se fossimo un pochino più solidi anche nelle relazioni intergenerazionali potremmo affrontare anche l'evoluzione tecnologica che è assolutamente sfidante in altro modo: anche parlandone con alcuni colleghi di governo cerchiamo di affrontare questi temi che raccontano il nuovo modo di porsi rispetto alla tecnologia, alla digitalizzazione ai servizi , ma anche ai cosiddetti passatempi relativi ai social ma lo facciamo sempre con un patema d'animo perché ci rendiamo conto che alla fine quello che accade sui social purtroppo è uno spaccato di vita quotidiana: è qualcosa che rappresenta culturalmente la direzione intrapresa dalla comunità e non è sempre positiva" prosegue Butti facendo riferimento all''hate speech'. "Sui social capita di leggere espressioni triviali e commenti veramente incredibili, in questi casi non è libertà di esprimersi ma licenza sfrenata, mi riferisco ai commenti dove c'è astio, odio e questo deve farci porre delle domande e tornare al coraggio dell'Australia. O qualcuno comincia a convincersi che occorre trasformare culturalmente l'esistente anche per accedere meglio alla tecnologia, perché - ragiona il Sottosegretario - così rischia di sfuggirci di mano, oppure bisogna normare: il primo è un percorso molto lungo che inizia da lontano, lungo tutto il ciclo della formazione a partire dalle famiglie, il secondo è più breve ma ovviamente ogni decisione sviluppa un dibattito etico serratissimo, conflittuale". (ANSA).
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