Mons. Pagano, 'nessun documento d'archivio su Emanuela Orlandi'

(ANSA) - LONDRA, 05 NOV - Sulla vicenda di Emanuela Orlandi, "io in verità all'Archivio Segreto Vaticano ho visto solo un fascicolo che conteneva soltanto ritagli di giornale. Non c'è nulla di più in Archivio, nient'altro". Lo ha ribadito a Londra monsignor Sergio Pagano, dal 1997 fino al 2024 prefetto dell'ex Archivio Segreto Vaticano dove ha lavorato per oltre quarant'anni: pungolato nella sede dell'Istituto Italiano di Cultura (Iic) nella capitale britannica da Massimo Franco, commentatore del Corriere della Sera, con il quale proprio su quell'archivio - il cui nome è stato cambiato da papa Francesco in Archivio Apostolico Vaticano - ha scritto il libro Secretum. Pagano, che conosce a fondo verità e misteri di quella che è stato definita "la centrale dell'intelligence d'Europa", con milioni di documenti accumulati e custoditi fin dal 1611, ha raccontato in una sala gremita dell'Istituto diretto da Francesco Bongarrà un'infinitesima a parte dei segreti custoditi nel deposito sotterraneo lungo 86 chilometri lineari che ospita i documenti più riservati. Storie della storia della Chiesa che inevitabilmente danno una chiave di lettura diversa della storia del mondo. "Poi - ha ripreso il prelato parlando ancora della vicenda di Emanuela, sparita nel nulla a 15 anni nel 1983 - si è saputo che il procuratore Diddi avrebbe trovato delle carte sulla vicende. Ma quelle carte non erano da me. E non sono uscite, per cui penso che non siano mai esistite". "Non è mai stata trovata una prova ed è rimasta la favola", ha insistito, rivendicando di "avere sempre aperto tutto" durante il proprio mandato. Anche se, ha proseguito Pagano abbassando leggermente la voce, "forse in Archivio l'aria sta cambiando, ed era un'aria che non mi piaceva". Ragione per cui ha alla fine accettato di scrivere Secretum con Franco, offrendo una rilettura inedita e spiazzante di alcuni passaggi storici fondamentali. Dalle carte del processo a Galileo, ai silenzi di Pio XII sulla Shoah: temi cruciali che l'ex prefetto ha potuto studiare e rendere pubblici. E che a Londra ha raccontato condividendo anche qualche aneddoto. Compreso il suo incontro con una multinazionale che pensava di digitalizzare interamente l'archivio usando l'intelligenza artificiale (IA): "Ho sempre diffidato. Quando hanno visto i nostri complessissimi documenti, quei tecnici dicevano che preferivano lavorare sull'arabo. Per queste operazioni serve l'intelligenza umana". (ANSA).
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