Spacciavano anche a minori, 18 arresti a Reggio Calabria

(ANSA) - REGGIO CALABRIA, 11 SET - Diciotto persone sono state arrestate a Reggio Calabria per associazione a delinquere dedita al traffico di droga. L'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip su richiesta della Dda diretta dal procuratore Giuseppe Borrelli. I pm contestano agli indagati anche numerosi reati fine sia in materia di sostanze stupefacenti che di armi. Tra le accuse, inoltre, c'è pure un'ipotesi di estorsione. Quindici persone sono finite in carcere mentre tre agli arresti domiciliari. L'inchiesta, condotta dai carabinieri della sezione operativa della Compagnia di Reggio Calabria, è stata avviata nel giugno 2023 e conclusa quasi un anno dopo. Al centro delle indagini c'è il quartiere di Catona, nella periferia nord di Reggio Calabria, dove i militari in più occasioni avevano notato movimenti anomali attorno all'abitazione di un indagato, ritenuto dagli inquirenti il capo dell'associazione. Grazie a un sistema di videosorveglianza, piazzato all'esterno della casa, gli investigatori hanno individuato un embrionale gruppo di soggetti dediti al traffico di sostanze stupefacenti. Le intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche hanno fatto il resto consentendo alla Dda di eseguire numerosi sequestri di droga e di mezzi strumentali allo spaccio. Da Catona, inoltre, il sodalizio criminale godeva di ramificazioni anche in altre località del territorio reggino e di contatti nella piana di Gioia Tauro e in Sicilia. Nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, il gip la definisce una solida attività imprenditoriale dedita alla vendita di cocaina, marijuana, hashish. Vendita in cui era coinvolto anche uno spacciatore minorenne. Minorenni, inoltre, erano pure diversi consumatori di droga. Secondo i magistrati, i membri della consorteria si erano attrezzati per gestire, in modo professionale, il business degli stupefacenti, assicurandosi le forniture necessarie tramite i contatti vantati nell'ambiente criminale, non solo reggino, dal loro capo, nipote di un esponente apicale della 'ndrangheta di Archi. La droga veniva custodita in alcuni immobili abbandonati o appartamenti presi in affitto dagli associati e trasformati da questi in basi logistiche e piazze di spaccio dove operavano anche alcune vedette che avevano il compito di avvertire in caso di presenza di forze di polizia in zona. I proventi dell'attività illegale venivano ripartiti tra i membri del gruppo e servivano anche al sostentamento di uno dei sodali che era stato arrestato perché trovato in possesso di una grossa quantità di stupefacente. Stando all'inchiesta, infine, il principale indagato riusciva a coordinare il sodalizio e a impartire direttive ai suoi spacciatori anche nel periodo in cui è stato detenuto grazie alla mediazione dei propri familiari nel corso dei colloqui in carcere. (ANSA).
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