Fine vita, dieci anni di disobbedienza civile e tribunali: il diritto di scegliere resta senza legge
Dall’accompagnamento di Dominique Velati in Svizzera alla sentenza su Dj Fabo, fino al caso di Martina Oppelli: sei procedimenti ancora aperti e un vuoto normativo che continua a delegare ai giudici una scelta che il Parlamento non affronta

Dieci anni di disobbedienza civile, battaglie giudiziarie e vuoti legislativi che continuano a segnare il dibattito sul fine vita in Italia. A partire dall’accompagnamento di Dominique Velati in Svizzera, nel dicembre 2015, l’Associazione Luca Coscioni ha portato alla luce casi, storie e procedimenti che hanno messo alla prova il sistema giuridico italiano, fino alla storica sentenza della Corte costituzionale sul caso Dj Fabo. Senza dimenticare il supporto dato a Martina Oppelli, la triestina di 50 anni, che lo scorso agosto ha scelto di morire in Svizzera e il precedente veneto di Elena Altamira, la donna veneziana malata di tumore.
Oggi, a distanza di un decennio, sono ancora sei i procedimenti aperti e numerosi i nodi irrisolti, mentre il diritto di scegliere come e quando morire resta affidato alle aule dei tribunali più che a una legge dello Stato.
I procedimenti giudiziari aperti
Sono sei i procedimenti giudiziari aperti in Italia, in quattro città, nei confronti di tredici persone coinvolte in accompagnamenti alla morte volontaria in Svizzera. E a renderlo noto è proprio l’Associazione Luca Coscioni, nel giorno del decimo anniversario della morte di Dominique Velati, avvenuta a Berna il 15 dicembre 2015.
Velati, 59 anni, originaria di Borgomanero, in provincia di Novara, era affetta da un cancro in fase terminale e decise di porre fine alle proprie sofferenze prima dell’agonia finale. Militante radicale e amica storica di Marco Pannella, fu la prima disobbedienza civile pubblica di Marco Cappato, che la accompagnò in Svizzera fornendo informazioni, assistenza nelle procedure e sostenendo le spese del viaggio. Un gesto che, come ricorda l’associazione, segnò l’avvio di un percorso politico e giudiziario culminato nella sentenza della Corte costituzionale del 2019 sul caso di Dj Fabo (Fabiano Antoniani).
Secondo quanto ricostruito dall’Associazione Luca Coscioni, a Milano sono pendenti i procedimenti relativi a Romano, lombardo affetto da parkinsonismo atipico, Elena Altamira, veneziana malata oncologica, e Margherita Botto, milanese deceduta nel novembre 2023. A Firenze era stato avviato il procedimento per l’aiuto fornito a Massimiliano (Mib), toscano con sclerosi multipla, poi trasferito alla Procura di Como.
A Bologna, il caso riguarda Paola, bolognese morta nel febbraio 2023: qui il gip ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sul requisito del trattamento di sostegno vitale, indicato tra le condizioni dalla Consulta nella sentenza 242 del 2019. A Roma, infine, il procedimento riguarda Sibilla Barbieri, attrice e regista affetta da una malattia oncologica, per la quale il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione.
Ma se da un lato c’è il palcoscenico giudiziario, dall’altro, come segnala l’associazione, ci sono tre casi in cui non è partita alcuna indagine. Stiamo parlando del supporto dato a Ines in Lombardia, Fabrizio in Liguria e dall’ultimo caso nordestino di Martina Oppelli.
La denuncia di Martina Oppelli
Battaglia legale, ma di altro corso, è quella che riguarda Martina Oppelli. La donna, prima di andare in Svizzera e accedere al suicidio assistito, ha depositato, tramite la sua procuratrice speciale Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell'associazione Luca Coscioni, una denuncia-querela nei confronti dell'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina Asugi, dalla quale aveva ricevuto tre dinieghi all'accesso al suicidio medicalmente assistito. Martina Oppelli aveva contestato due reati principali all'azienda sanitaria: rifiuto di atti d'ufficio e tortura.
L'azienda sanitaria aveva in passato negato a Oppelli la rivalutazione delle sue condizioni di salute, sostenendo che un nuovo esame sarebbe stato un costo inutile per la pubblica amministrazione. Oppelli aveva presentato un ricorso d'urgenza nel 2024 presso il tribunale di Trieste che aveva ordinato all'azienda sanitaria nuove verifiche. Inoltre, «non le è stato riconosciuto per oltre due anni il requisito della 'dipendenza da trattamento di sostegno vitale' (uno dei quattro requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale), nonostante dipendesse totalmente non solo dai suoi caregiver per sopravvivere ma anche dalla macchina della tosse e nelle ultime settimane dal catetere vescicale, disapplicando in tal modo il giudicato costituzionale».
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