Aborto al settimo mesescandalo in ospedale a Padova

Sarà la Procura a fare luce su un'interruzione di gravidanza chiesta dalla figlia di un medico chirurgo alla ventiseiesima settimana di gestazione. A eseguire l'intervento, ben oltre i limiti di legge, è stato un medico della Divisione di Ginecologia
DIVISIONE OSTETRICA. Secondo l’autopsia il bambino era sano, dunque l’aborto non si poteva praticare
DIVISIONE OSTETRICA. Secondo l’autopsia il bambino era sano, dunque l’aborto non si poteva praticare
PADOVA. L'anatomopatologo, dopo aver letto la cartella clinica, era convinto di dover effettuare l'autopsia sul corpicino di un feto di 22 settimane del peso di poco meno di tre etti, gravemente malato. Per questo motivo, si leggeva nelle carte, la madre aveva scelto di abortire.


Invece sul tavolo si è trovato di fronte al cadavere di un bambino perfettamente sano, di 26 settimane, che superava i sei etti. Un bambino che forse avrebbe potuto condurre un'esistenza normale se solo fosse stato rianimato. Di fronte all'agghiacciante scoperta, un aborto fuori tempo massimo, apparentemente senza alcuna giustificazione, inevitabile la denuncia all'autorità giudiziaria.


SCELTA INSPIEGABILE.
A giudizio di Roberto Salmaso, medico che ha condotto l'esame autoptico, un aborto senza spiegazione. La madre non correva alcun pericolo di vita, il bimbo che portava in grembo non era affetto da alcuna patologia. Ora il pm Orietta Canova dovrà cercare di fare luce su ciò che è accaduto in quella sala operatoria della Divisione ostetrica a metà del mese di luglio.


A provocare farmacologicamente l'espulsione del feto il dottor Guglielmo Serpotta: l'effetto delle prostaglandine ha indotto contrazioni dell'utero tali da produrre il parto. Ma pare che al suo fianco non ci fosse alcun rianimatore neonatale, colui che avrebbe potuto evitare la morte del bimbo praticando trattamenti salvavita. E poi dovrà essere chiarita un'ulteriore circostanza: perché di fronte ad una gestazione che aveva raggiunto le 26 settimane non è stato effettuato un taglio cesareo per estrarre il piccolo.


Ma è un'altra la domanda più inquietante: perché la cartella clinica descriveva una gravidanza alla ventiduesima settimana mentre risulta dall'autopsia che fosse già stata oltrepassata la venticinquesima? Quindi le linee guida della rianimazione neonatale: dopo le ventidue settimane può esserci vitalità del feto, quindi deve essere presente un neonatologo al momento del parto. E se si presenta la necessità di un'interruzione di gravidanza è compito del medico fare di tutto perché il piccolo possa vivere. A 26 settimane la letteratura scientifica prospetta un parametro di vitalità tale da imporre la rianimazione.


I DUBBI DI UNA MADRE.
La donna è paziente di Erich Cosmi, medico della Clinica ostetrica. Si presenta dal ginecologo con un'ecografia effettuata in un ospedale limitrofo: il radiologo sospetta un'anomalia. Quindi si rivolge a Padova, Cosmi la tranquillizza e dispone nuovi esami. La seconda ecografia (svolta tra le 22 e le 23 settimane di gestazione), effettuata in via Giustiniani, allontana i sospetti. Unica prescrizione, la ripetizione dell'esame a distanza di 15 giorni.


Il ginecologo nel frattempo si allontana per motivi personali dall'ospedale per una ventina di giorni e la donna si rivolge all'ospedale di Bologna. Lì un nuovo sospetto: la testa del piccolo sembra non crescere come dovrebbe, le ossa parietali sembrano troppo vicine. In quel momento scatta il panico, la donna si rivolge alla Divisione perché vuole abortire. Si affida a Serpotta, ginecologo di fama, che già conosceva attraverso il padre chirurgo. Da questo momento la storia assume contorni ancora da definire.


L'INDAGINE.
L'avvenuto aborto è un dato di fatto. Che il bambino fosse sano è un'altra certezza. Al medico legale non è rimasto che rivolgersi al posto di Polizia dell'ospedale per denunciare la discrepanza tra la cartella clinica ed il corpicino che si è trovato di fronte al momento dell'autopsia. Quindi è stata coinvolta la Divisione ostetrica. Da qui il passo all'ufficio del direttore sanitario dell'azienda ospedaliera Giampietro Rupolo è stato breve. Inviata immediatamente una segnalazione in Procura: un atto dovuto quando un'indagine interna non sortisce alcun effetto chiarificatore.


Il caso è stato affidato ad Orietta Canova che ha aperto un fascicolo che contiene già i documenti trasmessi giovedì 22 luglio dall'azienda ospedaliera. Nessun nome è stato ancora iscritto nel registro degli indagati, ma sono già in corso i primi accertamenti. Per ora nessuna dichiarazione dal medico Guglielmo Serpotta.
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