Addio a Strada, studioso della cultura russa

Scomparso a 88 anni a Venezia il grande slavista dell’Università di Ca’ Foscari. Fu un “ponte” in Occidente con quel Paese

VENEZIA. Un grande studioso della cultura russa, ma anche un «ponte» tra di essa e l’Italia negli anni difficili del comunismo sovietico e in quelli successivi, contribuendo in maniera determinante, ad esempio, alla pubblicazione in Occidente, del «Dottor Zivago» di Boris Pasternak, facendo da “messaggero” autorevole per suo conto a Feltrinelli perché l’editore non tenesse conto del telegramma in cui lo scrittore si opponeva alla pubblicazione del romanzo, inviato sotto la pressione dei dirigenti sovietici che non volevano. Questo è molto altro è stato Vittorio Strada, grande slavista di origine milanese, ma solidamente «trapiantato» a Venezia, dove viveva, scomparso ieri all’età di 88 anni.

Ma continuando sempre a «produrre», visto che l’ultimo suo volume «Impero e rivoluzione» (edizioni Marsilio) è dello scorso anno. Si era laureato nel 1956 in Filosofia all’Università degli studi di Milano con una tesi dal titolo «Aspetti del materialismo dialettico sovietico» e l’appoggio del suo relatore Antonio Banfi gli permise di avere nel 1957 un dottorato di ricerca all’Università di Mosca, alla facoltà di Filologia, dove approfondì i suoi studi nel campo della cultura e della letteratura russa e iniziò quel lungo dialogo, mai interrotto con quel Paese. Strada ha insegnato dal 1970 al 2003 ha insegnato Lingua e letteratura russa all’Università Ca’Foscari di Venezia e dal 1992 al 1996 ha anche diretto l’Istituto Italiano di Cultura a Mosca, che ora è guidato, tra l’altro, da sua figlia Olga, quasi in un’ideale continuità familiare e di studi. Negli anni trascorsi a Mosca, fino al 1961, Strada fu in stretto contatto con gli intellettuali sovietici del “disgelo” che cominciavano ad esprimere posizioni critiche dopo la denuncia del “culto” di Stalin nel 1956. In particolare fu vicino alla rivista “Novyj Mir” (” Mondo nuovo” ) diretta da Aleksandr Tvardovskij, la più avanzata in tale critica. L’appoggio a Pasternak per la pubblicazione in Occidente del «Dottor Zivago», oltre all’attività su riviste italiane in cui Strada prendeva nettamente posizione a favore dei fermenti critici nella letteratura e cultura sovietica, resero lo studioso inviso agli ideologi del regime che lo fecero più volte bersaglio di attacchi sulla stampa accusandolo di “revisionismo” antisovietico. Le persecuzioni contro Strada culminarono nel 1977 nel rifiuto da parte delle autorità sovietiche di concedergli il visto d’ingresso nell’URSS dopo che nel 1968 all’aeroporto di Mosca gli fu sequestrata una lettera di Solženicyn ed egli, con la sua famiglia, fu arrestato. Questo boicottaggio durò fino al 1986, interrotto da alcuni episodi clamorosi, di cui parlò la stampa internazionale, in cui le autorità sovietiche furono costrette a permettergli di partecipare alla Fiera del libro di Mosca dopo che l’editore Giulio Einaudi si rifiutò di presenziare a tale Fiera senza di lui. Dopo il dottorato di ricerca a Mosca Strada (che a Mosca si era sposato con una compagna di studi, Klara Janovič), lavorò nella redazione della casa editrice a Torino, promuovendo la pubblicazione di molte opere letterarie e storiche russe, oltre a continuare la sua attività pubblicistica sempre su una linea critica verso le posizioni ufficiali sovietiche e in favore di quelli che poi presero il nome di “dissidenti” . In questa attività Strada mantenne un impegno rigorosamente personale di assoluta indipendenza, sia quando fu iscritto al Partito Comunista Italiano su posizioni critiche, sia quando nel 1980 ne uscì, insoddisfatto del suo persistente legame con l’Urss. Intensa anche la sua attività di traduttore di autori russi. «La mitologia della vecchiaia mi è estranea. Non mi sono accorto di essa – aveva dichiarato Strada in una recente intervista – fino a quando il corpo non ha cominciato a indebolirsi. Però sopporto questi anni almeno fino a quando saranno operosi».

Enrico Tantucci

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