Astensionismo incubo di Berlusconi
A poche settimane dalle elezioni regionali, ultimo grande test politico prima della fine della legislatura, la maggioranza è in difficoltà. I sondaggi non sono favorevoli e la destra è consapevole che, nel computo delle regioni, la partita potrebbe vedere la vittoria dell’opposizione. L’incognita, in un Paese spaccato tra berlusconismo e antiberlusconismo, è costituita dall’astensione. Se, in una fase in cui quanti sono delusi dal governo non sono ancora convinti di dare il loro voto all’opposizione, come pare aumenterà, a essere danneggiata sarà soprattutto la destra. O, almeno, il Pdl, dato che l’insofferenza di parte del suo elettorato si tradurrà anche nel probabile travaso di voti sulla Lega, in primo luogo in Veneto.
Il successo della destra è legato strettamente a quello del suo leader. Per questo, Berlusconi, mette volutamente in ombra i candidati governatori della coalizione, e punta a fare dell’ultima domenica di marzo l’ennesima ordalia sulla sua persona: «Con me o contro di me». Ma non è detto che questa volta il gioco riesca.
La crisi economica morde forte, disoccupazione e cassa integrazione aumentano. Tremonti ha limitato i danni restando fermo durante la fase acuta della recessione, attutita, nella sua dimensione finanziaria, dalla scarsa internazionalizzazione del nostro sistema bancario; ma, come mostrano numeri e tragiche storie di fine vita, la strategia dell’immobilismo non basta più. Ora che la crisi investe l’economia reale servirebbe un colpo d’ala ma il governo è in debito di idee e un deficit pubblico elevatissimo ne paralizza l’azione.
Sul piano politico, le cose non vanno meglio. I successi emergenziali mostrano la corda, la rivolta delle carriole all’Aquila e lo scandalo degli appalti che ha coinvolto la protezione civile hanno inferto un duro colpo a un’immagine costruita con sapienza mediatica. Il pasticcio delle liste elettorali, a cui si è cercato di rimediare attraverso il gravissimo e protervo precedente dello “stato d’eccezione”, ha rivelato come il Pdl sia un partito balcanizzato dalle faide periferiche e dal mai sopito contrasto tra l’anima forzista e quella aennina. Il continuo distinguo e dissenso di Fini, pur sempre il cofondatore di una formazione che, nella sua concezione proprietaria, Berlusconi sente esclusivamente sua, provoca tensioni vere, destinate a clamorosi sviluppi se l’esito delle regionali fosse negativo per la maggioranza. La concorrenza interna della Lega, alleato-competitore radicato nel territorio e forte di un’organizzazione che ricorda i partiti di massa della prima Repubblica, ne erode il consenso; ma se sopra il Po il Carroccio potrebbe rivelarsi baluardo di una coalizione in evidente difficoltà, è a Sud che il suo crescente potere è visto ormai come un’ipoteca nella lotta per le risorse scarse.
Dal Mezzogiorno potrebbero venire, dunque, amare sorprese elettorali per la maggioranza, mettendone in crisi insediamento territoriale e profilo nazionale. Tutto sarà deciso da pochi milioni di elettori, quelli che, come sempre nell’ultimo quindicennio, hanno determinato le sorti delle consultazioni: gli altri sono fedeli a oltranza al proprio schieramento. Tra i “fluttuanti” sembra essersi radicata la convinzione che la spasmodica concentrazione di Berlusconi sui propri interessi politici o giudiziari, impedisca di risolvere i problemi della collettività. Percezione difficile da smontare a pochi giorni dal voto; nonostante il massiccio dispiegamento dei media controllati, direttamente o meno dal capo del governo.
Non gioverà certo alla destra l’ennesimo scandalo: sarà la magistratura a decidere, dopo un’attenta indagine, se vi siano profili penali rilevanti nella vicenda che vede il premier e il garante dell’Agcom indagati per concussione per aver cercato di bloccare trasmissioni televisive scomode come Annozero. Ma certo l’accaduto accentua la sensazione che il presidente del Consiglio sia permanentemente impegnato a telefonare al «direttorissimo» del Tg1 Minzolini o a bandire ossessivamente nuovi editti bulgari contro giornalisti e direttori di testate critiche anziché occuparsi del Paese. Un clima da autunno del patriarca che rimette in gioco un’opposizione che solo qualche tempo fa era tramortita dai propri contrasti interni che potrebbe recuperare, se non progettualità politica immediata, almeno slancio.
Argomenti:elezioni regionali
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