Benetton vende il megastore di Roma

La cessione ai concorrenti di H&M con una plusvalenza di 80 milioni, ma in discussione è la strategia della distribuzione
Di Carlo Mion

TREVISO. Benetton Group ha ceduto lo splendido palazzo romano dell’Unione militare, nella centralissima via Tomacelli, che avrebbe dovuto ospitare il megastore United Colors della Capitale. Si tratta di un enorme quanto splendido palazzo dei primi del ’900 in stile eclettico, sovrastato da una grande aquila, che l’architetto Massimiliano Fuksas stava ristrutturando profondamente, con tanto di creazione di una cupola in vetro e acciaio («la Nuvola») che avrebbe dovuto ospitare un ristorante.

Decisivo, secondo le indiscrezioni, il prezzo pagato dal colosso finanziario svedese che detiene il marchio di abbigliamento H&M. Sarebbe di 180 milioni di euro (con una plusvalenza, citiamo indiscrezioni vicine all’azienda, di circa 80 milioni) il prezzo pagato dagli svedesi, in concorrenza con Inditex. Gli spagnoli, però già hanno acquisito l’ex Rinascente poco lontano, per cui se gara c’è stata è avvenuta per scoraggiare un pericoloso concorrente di Zara e Stradivarius (marchi di Inditex).

Al di là della plusvalenza e dell’operazione romana, pur destinate a fare rumore, si tratterebbe in realtà solamente del primo passo di una possibile revisione della strategia commerciale. Il fatto che il palazzo venga ceduto a dei concorrenti la dice lunga a proposito della scommessa sui megastore, figlia di una strategia risalente a una dozzina d’anni fa, quando i negozi Benetton nel mondo erano circa 7000, ridotti negli anni a 5000, con l’eliminazione di quelli marginali ma con la contemporanea acquisizione di decine di prestigiosi palazzi nelle maggiori città italiane e del mondo con investimenti molto rilevanti (ciononostante senza appesantire l’indebitamento del gruppo trevigiano che a oggi non è elevatissimo).

Luciano e chi guidava allora l’azienda avevano in mente i megastore monomarca in stile ramblas di Barcellona e delle metropoli americane. Luoghi che ti accoglievano, ti nutrivano, ti divertivano con musica e altre attività social e ti vestivano da capo a piedi.

Questa strategia è stata applicata anche in zone del mondo ancora molto chiuse, come a Teheran in Iran, o in Paesi oggi devastati da violenze o rivoluzioni. In alcuni sono stati compiuti investimenti importanti rimasti inutilizzati. Ma sono stati aperti e presto chiusi anche grandi stores in Italia: da Ferrara a Modena. E mentre a Roma si realizzano ricchi margini smobilizzando gli edifici, non altrettanto facile avviene in Paesi emergenti ma oggi al centro di grandi tensioni.

Ma c’è di più. I grandi stores non stanno guadagnando, almeno in questa fase congiunturale, perciò con il comando passato da Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo ad Alessandro e ai cugini, è l’intera strategia distributiva che potrebbe essere rivista. A nessuno è sfuggito che lo stesso Alessandro, il giorno del passaggio generazionale, abbia sostenuto di sentirsi in prestito tra i maglioni. Una dichiarazione che ha rischiato di mettere in ombra il fatto storico che si andava compiendo in azienda.

Per il momento, comunque Alessandro pare deciso a rimodulare le unità distributive su negozi di dimensioni inferiori, non solo meno onerose, ma anche più idonee a un contatto con il cliente che torni ad essere essere diretto.

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