Caccia al punto debole nel caveau

Il viaggio del denaro, dai blindati alla cassaforte sotto l’occhio delle telecamere. Due uffici al setaccio
Doro silea Sede vigilanza North est Via Belvedere
Doro silea Sede vigilanza North est Via Belvedere

TREVISO. L’ufficio Conta dei vari caveau della North East Services è una stanza blindata e sorvegliata da decine di telecamere. Lì si smistano i soldi in arrivo e in uscita, eppure è proprio nei registri dell’ufficio che si può nascondere la chiave della falla milionaria che ha fatto implodere Nes. I Finanzieri stanno passando al setaccio ogni operazione. Un lavoro mastodontico, tenuto conto della vastità della galassia Nes, ma inderogabile. È nel confronto tra l’incassato e l’uscito che alla Nes la matematica è diventa una scelta imperfetta.

Il percorso del denaro è netto. I turno dei portavalori inizia alle 7. La regola impone che per un carico massimo di 3 milioni di euro servano due guardie armate e l’ok della polizia, porte anti-taglio, un sistema di rilevazione gps o una piccola carica esplosiva che macchia i soldi se vengono prelevati con procedura errata. Per carichi superiori le guardie diventano tre, serve un furgone d’appoggio e il controllo della questura. I furgoni escono dal caveau carichi dei plichi destinati ai diversi istituti e ne incassano altri a seconda del piano. I trasporti non si possono fare tra le 22 e le 6 del mattino ed ogni ingresso e ogni uscita dal caveau sono controllati dagli occhi elettronici.

All’interno dell’azienda i blindati vengono scaricati e il denaro entra nell’«ufficio Conta». Lì, sotto il controllo video, gli addetti contano il denaro con le macchine tarate e controllate periodicamente da Bankitalia; la procedura si ripete più volte poi il denaro viene fascettato, registrato, timbrato e mandato al caveau, contemporaneamente viene accreditato nei conti del mittente.

L’accredito è «virtuale», come un maxi bonifico online: i soldi, infatti, restano nel caveau e l’indomani – o il giorno stesso – vengono smistati in base alle richieste. Parte possono partire per la Banca d’Italia, parte per altri istituti collegati, parte può restare in giacenza. Ed è questa a essere sotto la lente. Il nodo è tutto qui. Le banche che hanno reclamato i capitali sapevano di avere capitali da incassare perché conoscevano quando avevano consegnato ai portavalori, quanto avevano inviato alla Banca d’Italia e quanto avevano lasciato in deposito.

Perché non tornare i conti? Qui entra in gioco la sezione «Trattamento valori». L’ufficio – setacciato dai finanzieri – si occupa giorno per giorno di definire i viaggi dei contanti. Ogni sera riceve dall’ufficio Conta la registrazione di quanto è entrato e uscito dai caveau, e ogni mattina definisce i carichi dei blindati sulla base di quelle che dovrebbero essere le richieste dei clienti o le necessità di Nes (che, si scopre, sposta milioni da un caveau a un altro in base alle necessità) e dà mandato di verificare i quantitativi all’ufficio Conta, che poi li fa caricare sui furgoni. L’ufficio Conta esegue quel che il Trattamento gestisce. Ed è qui che è saltato l’equilibrio: alla Nes sono usciti più soldi di quanti ne sono entrati. Dove siano andati, non si sa. Con quale vettore? Nemmeno. L’unica cosa certa è che quando le banche sono andate a chiedere conto dei contanti lasciati alla Nes, il contante era nei pc, ma le banconote non c’erano. Per capire cosa sia successo è necessario confrontare tutta l’attività dell’ufficio Conta con quella dell’ufficio Trattamento valori.

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