Camicie verdi della Lega: chiesti 34 rinvii a giudizio

I fatti risalgono a 18 anni fa, l’accusa è banda armata. Tra gli imputati anche Gobbo che parla di «fantasie». Salvini: milioni sprecati, lo Stato processi i delinquenti veri
TREVISO 15/09/2004 FESTA DELLA LEGA NORD AL PRATO DELLA FIERA FESTA LEGA NORD AL PRATO DELLA FIERA
TREVISO 15/09/2004 FESTA DELLA LEGA NORD AL PRATO DELLA FIERA FESTA LEGA NORD AL PRATO DELLA FIERA

VENEZIA. Amarcord giudiziario per i padri fondatori della Lega. A 18 anni di distanza dai fatti contestati, la Procura di Bergamo ha chiesto il rinvio a giudizio per 34 veterani del Carroccio, imputati di aver «promosso, costituito, organizzato o diretto un'associazione di carattere militare». Di che si tratta? Della Guardia nazionale padana, le cosiddette “camicie verdi”, al centro di un’inchiesta avviata nel 1996 dal procuratore di Verona Guido Papalia e trasmessa lo scorso settembre ai pm bergamaschi, competenti a procedere in quanto il “Comitato provvisorio per la liberazione della Padania” - fucina delle camicie verdi - fu costituito sul pratone di Pontida, precedendo di pochi mesi l’annuncio secessionista di Umberto Bossi al raduno di Venezia. Anche il vecchio “senatur” era finito nell'elenco degli accusati al pari di altri caporioni della prima ora - Roberto Maroni e Francesco Speroni, Roberto Calderoli e Mario Borghezio, Giancarlo Pagliarini e Marco Formentini - tutti prosciolti dopo che il Parlamento aveva decretato «l'insindacabilità delle condotte degli imputati parlamentari».

Rischiano il processo, invece, figure quali Gian Paolo Gobbo, già sindaco di Treviso e segretario del leghismo veneto; Matteo Bragantini, deputato veronese; Enrico Cavaliere, ex presidente del Consiglio regionale, poi allontanato dal partito; Alberto Mazzonetto, a lungo capogruppo al Comune di Venezia; e ancora i veneti Marco Mercanzin, Patrizio Magagnin, Renzo Perin, Enzo Flego, Giuseppe Maddalena, Giampietro Secco, Giovanni Nicoletto. La loro sorte giudiziaria, al pari di quella dei co-imputati lombardi e friulani, è nelle mani del gip. Ma cosa rappresentò davvero la Guardia Padana? Secondo l’accusa, si trattava di un apparato militare dalle finalità separiste... «Macché, non c’è assolutamente nulla di vero in questa tesi», ribatte Gobbo «si trattava semplicemente di un servizio d’ordine interno alla Lega, per garantire che le nostre manifestazioni, spesso affollate, si svolgessero senza problemi. Sapete com’è nata quest’inchiesta? Dalle denunce di iscritti poi cacciati dalla Lega, che nutrivano risentimenti o invidie personali. Le armi? Qualcuno aveva fucili da caccia regolarmente denunciate, io avevo una pistola da starter per le gare sportive... ». Non si compone, l’inossidabile leone della Marca, indispettito, invece il commento del segretario del Carroccio Matteo Salvini, affidato a Facebook: «Dopo 18 anni, dicasi 18, di tempo perso, riprenderà il processo per banda armata. Chiederemo conto ai giudici e al ministero della in-giustizia, dei milioni di euro spesi per processare alle idee di 34 padri di famiglia. Ma processate e mandate in galera i delinquenti. Cazzo!!!».

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