Camorristi di Eraclea, le intercettazioni: "Non caccia i soldi, lo devi picchiare"

VENEZIA. Tre settembre 2002. Antonio Pacifico e Raffaele Buonanno si presentano a casa di un imprenditore del Veneto orientale dal quale Luciano Donadio deve riscuotere 20 milioni di lire per un prestito di 15 più interessi e spese per la dilazione di un anno e mezzo. L’imprenditore è in forte ritardo nel pagare, e anche in forte difficoltà, ma Donadio vuole rientrare in possesso dei soldi.
La spedizione viene raccontata in presa diretta al Donadio da Pacifico. Sono le 10.03.
Pacifico: «Pronto?».
Donadio: «Dove siete?».
Pacifico: «Siamo da B».
Donadio: «L’hai acchiappato?».
Pacifico: «Eh, a casa sua, vedi? Siamo qua, siamo».
Donadio: «Ma perché non lo picchiate?».
Pacifico: «E noi lo picchiamo, gli abbiamo anche detto che lo schiattiamo...ma poi ci ha detto che...oggi ha detto di risolvere. Stiamo qua, vedi?».
Donadio: «Ma picchialo, stammi a sentire...se vedi che fa lo scemo picchialo proprio perché mi sta prendendo per il culo da un anno».
Donadio: «Mi deve dare 20 milioni ora, perché sono 15 e mezzo più...».
Pacifico: «Ho capito, glielo ha detto, glielo ha detto Raffaele, 20 milioni».
Donadio: «Ma questo si mette a fare lo scemo, è meglio che...questo dice sì e poi non ce li porta lo stesso i soldi». Pacifico: «Nooo, quando mai, ci ha detto pure dove dorme questo, hai capito? Ora ti passo Raffaele».
Buonanno: «Non ti preoccupare, questo abita qua abita dalla moglie qua, e anche dalla mamma. Quando veniamo qua e la moglie dice che non sa dov’è , non ti preoccupare, mettiamo la moglie in macchina e ci facciamo portare dove si trova lui, perché lo sa la moglie dove si trova».
Donadio: «Perché ora non vuole cacciare i soldi questo, fammi capire».
Buonanno: «No ora li caccia i soldi, ora il caccia, perché se non caccia i soldi gliel’ho detto, io ci perdo 20 milioni ma lui si fa tre mesi di ospedale però...gli metto una corda al collo e lo lego dietro la macchina...»
Donadio: «Bravo! Bravo! Così mi piaci!».
Nei mesi successivi Donadio & Co riusciranno a ottenere i soldi dai familiari. In altri casi sono Antonio Pacifico e Christian Sgnaolin a intervenire per ottenere i soldi, in un caso minacciando e sequestrando i dipendenti di un’azienda, obbligando uno di loro a chiamare il titolare per farlo arrivare immediatamente sul posto, dal momento che si era impegnato a consegnare i soldi in giornata. Otto le vittime di usura, tredici gli episodi contestati per estorsione. A qualcuno, per convincerlo a pagare, viene portato via il bobcat. Solo uno degli imprenditori estorti ha avuto il coraggio di presentarsi in caserma per denunciare, perché la paura dei Casalesi, e di possibili ritorsioni, era troppa.
Luciano Donadio comanda, e Donadio decide chi deve andare a riscuotere i soldi. Per questo si arrabbia quando scopre (è il 2016) che c’è chi si presenta a suo nome chiedendo soldi. È il caso di “Enrico lo zingaro” che avrebbe riscosso un proprio credito presentandosi al creditore a nome di Donadio, e ottenendo così il pagamento di 8mila euro. Donadio, che lo viene a sapere, convoca “Enrico lo zingaro” accusandolo di aver sfruttato il suo nome e chiedendo quindi una parte di quanto ricevuto: 4.500 euro più una Fiat 500 usata. Donadio ritiene “Enrico lo Zingaro” un amico, ma vuol mettere le cose in chiaro.
Donadio: «Allora, io alle volte, per salvare qualche ragazzo mio, da qualche cosa brutta, davanti agli altri, io ho dovuto schiaffeggiarlo per salvarlo. Dice: mi ha picchiato però mi ha salvato, perché quello là mi voleva uccidere. Cioè, capisci? Non guardare sempre il negativo di una cosa, che quella cosa negativa può essere stata fatta per una cosa positiva, hai capito? Non ti scordare mai, tu hai vissuto qua, io ho vissuto nella giungla, è diverso qua, là e la giungla, Antonio, mio nipote, sono 15 giorni che è giù, già sta sparando la gente, lo sai che sta sparando? Lo sai o no? Eh, già sta sparando là...».
A sua volta “Enrico lo zingaro” racconta di aver fatto una guerra con i propri parenti. Enrico lo zingaro: «I più potenti zingari che sono in Italia li abbiamo combattuti noi».
Donadio gli confida di aver sparato solo una volta a un accampamento di zingari per avere i soldi che gli spettavano. Ma tra i due c’è un patto di amicizia. Il boss dei Casalesi racconta di avere tanti amici zingari, e di essere rispettato da loro.
Donadio: «Quando qualcuno è andato e hanno fatto qualcosa e hanno fatto il mio nome, loro subito hanno rispettato, perché io rispetto loro, capisci qual è il discorso...Se io faccio una cosa e so che ci sei dentro, anche se tu non lo sai, io ti chiamo se faccio quella cosa sapendo che ci sei tu...perché io sono corretto. Avere per me 10 mila euro, ed averne 5mila e 5 mila, io preferisco averne 5 mila ed avere tutti i mei amici sempre con me. Capisci? Questa è la forza di un uomo!».
Poi Donadio passa all’incasso rispetto alla somma che Enrico lo zingaro si è messo in tasca spendendo il suo nome.
Donadio: «Adesso sistemiamo le nostre cose poi io non ti chiamerò mai più. Ci salutiamo, siamo amici, fai quello che vuoi tu, ma questa è stata mancanza di rispetto nei miei confronti e da te non me l’aspettavo». Lo zingaro si impegna a restituire i soldi ma chiede di poter tenere 500 euro il compleanno del figlio. —
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