Cariparo: shock per Finotti Il consiglio boccia la nomina di Fioravanti a vice vicario

Antonio Finotti è il presidente della Fondazione Cariparo
PADOVA.
Pomeriggio di un giorno da cani per l'«imperatore» di Padova, il presidente della Fondazione Cariparo Antonio Finotti, capo indiscusso dell'unico ente con disponibilità di cassa e capacità di spesa per finalità sociali rimasto sulla piazza: il consiglio generale gli ha bocciato la nomina del vicepresidente vicario da lui proposta. Finotti si era presentato con un nome solo, sicuro di farlo passare con votazione palese. Gli hanno imposto la votazione segreta e l'hanno silurato. Non era mai accaduto. Un fulmine a ciel sereno è dir poco. L'impero traballa.
Uno degli ultimi grandi vecchi della finanza italiana (ha sempre 83 anni benché li porti benissimo) è all'angolo. La sorpresa è stata tale che lui stesso avrebbe commentato: «Evidentemente le mie consultazioni erano sbagliate». Chissà con chi si era consultato, visto che la gestione monocratica, c'è chi dice dittatoriale senza tanti complimenti, insomma l'esercizio solitario del potere, prima nella banca e poi nella Fondazione, è non solo la sua caratteristica professionale ma la causa di quello che gli sta capitando. A forza di essere chiamati a ratificare decisioni prese solo da lui, i consiglieri hanno perso la pazienza. Il malessere evidentemente covava da tempo e Finotti l'ha sottovalutato, abituato com'è a domarlo con il controllo delle nomine, ottenuto attraverso votazioni a scrutinio palese. Di solito sui nomi succede il contrario: la votazione è segreta, per evitare forme di sudditanza; diventa palese solo su richiesta. Ma così si usa in Fondazione Cariparo. Ieri pomeriggio la nomina di Sandro Fioravanti a vicepresidente vicario, in sostituzione di Fabio Ortolan passato alla vicepresidenza della Cassa di risparmio, doveva seguire il copione imposto da Finotti: votazione palese. Si alza Giuseppe Reato, ex presidente degli industriali di Rovigo, e chiede il voto segreto. Altri lo appoggiano. Nessuno spende una parola per Finotti. Si va al voto segreto. I componenti del consiglio generale sono 27, i presenti 22, uno non vota. Risultato: 12 sì per Fioravanti, 4 no, 5 schede bianche. Il quorum è 14. Bocciato. Una bicicletta che buca il muro del suono fa meno notizia. La scelta del vicepresidente vicario e il voto sul bilancio sono i due punti sui quali il presidente non può andare sotto. Tra gli addetti ai lavori c'è sbalordimento. E' la dimostrazione che il livello di insofferenza per la gestione di Finotti dentro il consiglio generale è molto più alto di quanto si supponga da fuori. Per statuto tutte le delibere in consiglio generale passano con i 2/3 cioè con 18 voti: anche sommando i 6 degli assenti di ieri, Finotti rischia di essere senza maggioranza. O viaggia sul filo. Vengono al pettine le scelte che la Fondazione ha portato a termine senza il coinvolgimento del consiglio: dalle nomine nel Cda di Cariveneto alla diversificazione degli investimenti sul patrimonio, mai affrontata. Con Finotti sul viale del tramonto passa in secondo piano il bilancio di esercizio (88,9 milioni di euro) e il bilancio sociale (50 milioni di euro) approvato ieri. In particolare 9 milioni alla ricerca, 11 all'istruzione, 8 ai beni culturali, altri 8 all'ambiente, 13 alle categorie più deboli.
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