Cerniere delle dighe indagati i Chiarotto
PADOVA. Appropriazione indebita e contraffazione di brevetti (il sistema di aggancio delle delicatissime cerniere per le paratoie dei cassoni del Mose), questi i reati per i quali due componenti della famiglia di imprenditori padovani Chiarotto sono finiti sul registro degli indagati della Procura di Padova. Usciti indenni dall’inchiesta veneziana, che ha portato in carcere il manager ed ex presidente della loro «Mantovani» Piergiorgio Baita, sono incappati invece nell’indagine della pubblico ministero padovana Orietta Canova, avviata sulla base della querela presentata dall’amministratore della «General Fluidi», azienda padovana produttrice di impianti oleodinamici. Gli indagati sono otto e tra questi ci sono la presidente della «Fip Industriale spa» di Selvazzano Donatella Chiarotto, figlia del capostipite Romeo, e il nipote Renato. Alla stessa azienda appartengono Paolo Fortin, Alessandro Sardena e Gianpaolo Colato, mentre Davide Barin e Strefano Bertolini sono della «Fiar srl» di Selvazzano, Nadia Zoratto di «Technital spa» di Verona.
Nel 2013 «General Fluidi» aveva presentato una denuncia penale per appropriazione indebita nei confronti di Fip Industriale. General Fluidi era stata incaricata dalla Fip Industriale (Gruppo Mantovani, primo azionista del Consorzio Venezia Nuova) di realizzare un prototipo per il sistema di aggancio delle cerniere delle paratoie del Mose e aveva prodotto un primo lotto per la bocca di porto di Treporti. Successivamente la Fip ha depositato il progetto firmandolo come proprio per poi subappaltare ad altri la realizzazione (ovviamente sottocosto). Per questo General Fluidi ha chiesto un risarcimento per danni economici e morali attraverso una causa civile ancora in corso.
«Esprimiamo piena fiducia nella Procura di Padova e del pm Canova», affermano i legali di General Fluidi, gli avvocati Biagio Pignatelli e Angela Favara, «che stimiamo e sappiamo godere di ottima reputazione». Andrea Tiburli, amministratore dell’azienda, esprime invece «grande soddisfazione nel vedere che le gravi ipotesi di reato denunciate stiano trovando riscontro grazie al rapido corso delle indagini. Inoltre abbiamo in mano nuove informazioni che molto probabilmente porteranno all’apertura di un nuovo fronte. General Fluidi non è soltanto interessata al risarcimento che ritiene dovuto, ma chiede soprattutto che le venga riconosciuta la paternità della progettazione di una parte essenziale dell’intero sistema Mose», conclude Tiburli. (g.c.)
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