Coronavirus, il pediatra: bambini meno esposti ma molto contagiosi, alto rischio per i familiari

Parla Franco Pisetta della Federazione italiana medici pediatri: "Al mondo non è morto nessuno sotto i nove anni" 

PADOVA. Ancora non c’è una chiara spiegazione scientifica, ma tutti i dati suggeriscono che i bambini al di sotto dei 15 anni circa siano in assoluto i meno esposti ai pericoli del coronavirus: in tutto il mondo non si conta nemmeno un caso di morte sotto i 9 anni e in generale pur ammalandosi mostrano dei sintomi molto attenuati. Il problema, semmai, è che i piccoli sono i più potenti veicoli di trasmissione del virus, e che quindi potrebbero infettare molte persone.

Tra cui i nonni che, al contrario, sono proprio i più a rischio. Per questo, nei giorni scorsi la Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp) si è adoperata per diramare alcune semplici indicazioni da adottare in casa e negli ambulatori, in modo da limitare eventuali contagi.

Bimbi, rischio minore 

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«Basandosi sulle statistiche internazionali» spiega il dottor Franco Pisetta, segretario regionale Fimp Veneto «sembrerebbe che i bambini siano in assoluto i meno a rischio: quello che sappiamo per ora è che la malattia, se si manifesta, decorre in maniera sufficientemente leggera. Spesso non si manifesta nemmeno, o con i blandi sintomi caratteristici dei mali di stagione. Casi di morte non ce ne sono stati, nemmeno in Cina». Proprio per questo manifestarsi più lieve, è anche molto difficile riconoscere i sintomi: «i piccoli si ammalano» ribadisce Pisetta «non è che siano immuni. Ma spesso si ammalano in maniera asintomatica o pauci sintomatica. Magari non sono proprio portatori sani, ma si sa che in questa stagione girano molte patologie influenzali ed anche tutte quelle – meno gravi – simil influenzali. In questo contesto è davvero difficile stabilire in quale epidemia potrebbe rientrare la malattia di un bambino». Sulle ragioni per cui i bambini abbiano questa specie di protezione naturale, è ancora difficile dare una risposta: alcuni sostengono che la loro migliore risposta al virus sia dovuta al fatto che il loro sistema immunitario è diverso.

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«Ma ancora» chiarisce il dottor Pisetta «mancano evidenze scientifiche, quindi qualunque spiegazione può essere considerata solamente un’ipotesi». Il pericolo, e in questo caso la certezza è assoluta, riguarda quindi non i bambini ma semmai tutti coloro che gli stanno intorno, a partire dai familiari ed in particolar modo dai nonni. «Purtroppo» spiega infatti il segretario della Fimp «i bambini sono un veicolo per i virus, possono contagiare altri bambini ed anche gli adulti. E in questo caso il rischio è particolarmente alto, perché nel momento in cui la loro sintomatologia è più attenuata risulta più difficile anche individuarla». Per prevenire l’epidemia, la Fimp si è attivata su tre fronti: «abbiamo distribuito a tutti i pediatri tre documenti» dice ancora Pisetta «un decalogo per le famiglie, delle indicazioni per l’accesso all’ambulatorio e quelle per un triage telefonico riservato ai bimbi con i sintomi dell’influenza. Le indicazioni per l’accesso all’ambulatorio si dovrebbero trovare in tutti gli studi e quelle per le famiglie sono state validate anche dal Ministero della Sanità». —

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