Coronavirus, mamme in quarantena con i figli: com'è difficile gestire un ragazzino a casa

Storie di genitori in Veneto alle prese con uno dei problemi collegati all'epidemia: come riorganizzarsi fra doppi tamponi, lavoro, baby sitter
Family indoors during Corona virus crisis, mother and three children sitting at table with laptop computer, doing homework.
Family indoors during Corona virus crisis, mother and three children sitting at table with laptop computer, doing homework.

PADOVA. Com'è difficile organizzarsi di questi tempi, con la pandemia da corinavirus, quando il pediatra ti manda con il tuo bambino a fare il tampone e nel frattempo devi provare a gestire tutto, dal lavoro alla famiglia, dal medico all'eventuale baby sitter. Se poi un figlio risulta positivo al virus, allora scatta la quarantena familiare. E i problemi sembrano montagne da scalare. 

Da Padova a Treviso, da Cittadella a Belluno, da Villorba a ..., storie di genitori alle prese con l'emergenza dei nostri tempi: mamme e papà di fronte alla necessità di riorganizzare completamente tutta la famiglia quando scatta l'obbligo dell'isolamento. 

Davide Bellotto è il rappresentante di classe della scuola elementare di Pieve di Curtarolo che – in un certo senso – ha sperimentato sulla propria pelle cosa può significare uno stop improvviso della didattica legato al Covid, dop oche è emerso un caso di un alunno positivo in una terza elementare. Il papà non nasconde i disagi e li elenca: «Ci sono le code per i tamponi, si deve capire chi può accudire il figlio che deve stare in quarantena e poi c’è una complessiva disinformazione su ciò che va fatto, ce la siamo cavata grazie alla collaborazione con la dirigenza scolastica e gli insegnanti».

15/05/2020 Edegem, alunni in classe durante la graduale riapertura della scuola elementare Olfa Elsdonk. Oggi le scuole stanno testando la riapertura e ricominceranno per un numero limitato di alunni lunedì 18 maggio.
15/05/2020 Edegem, alunni in classe durante la graduale riapertura della scuola elementare Olfa Elsdonk. Oggi le scuole stanno testando la riapertura e ricominceranno per un numero limitato di alunni lunedì 18 maggio.

Bellotto ripercorre gli ultimi giorni: «Faccio l’impiegato, venerdì pomeriggio ero al lavoro quando mi è arrivata la chiamata del preside, c’era un caso di positività nella classe che frequenta mio figlio e bisognava avvertire i genitori. Ovviamente ho comunicato subito la situazione e i miei superiori mi hanno gentilmente invitato ad andare a casa per precauzione». Quando la notizia è stata comunicata, i genitori hanno vissuto momenti di panico e si sono moltiplicati i commenti in chat: «Cominciamo bene», la battuta di mamme e papà.

Il racconto: «Sabato sono andato al distretto, potevo scegliere tra Cittadella e Camposampiero. Non avevamo un appuntamento e con mio figlio siamo andati a Camposampiero, avevamo come fascia oraria dalle 8 alle 12. Ci siamo presentati alle 7.30, ma avevamo già 5 persone davanti in coda, alle 8 eravamo in 20. I tamponi sono iniziati alle 8.20, alle 8.50 hanno eseguito il test su di noi e alle 9.10 ci hanno comunicato l’esito, eravamo negativi. Il bambino comunque deve rimanere a casa mentre i genitori si possono spostare e possono andare a lavorare».

E chi si prende cura dei ragazzi? «Io sono fortunato perché ho i miei genitori che possono accudire nostro figlio», osserva il rappresentante di classe, «ma ci sono situazioni in cui è necessario ricorrere alla baby sitter». Per diversi genitori, però, l’unica scelta possibile è rimanere a casa dal lavoro: «Se il piccolo è negativo si usano permessi e ferie, ma se è positivo ci sono i permessi Covid, pagati al 50%» dice.

I prossimi passaggi: «Lunedì siamo stati contattati dal dipartimento di prevenzione dell’Usl per il secondo tampone, che è fissato per domani. Da lunedì – se la negatività sarà confermata – la classe potrà tornare a scuola e tutto riprenderà normalmente. In tutto questo marasma mi sono sentito anche con il pediatra e abbiamo dovuto disdire gli impegni sportivi, la piscina».

La sensazione è di essersi mossi a tentoni: «Si dovrebbero comunicare le azioni necessarie, il protocollo. Il contatto con la scuola e gli insegnanti fortunatamente non è mai venuto a mancare. La nostra terza segna in un certo senso il debutto della procedura di emergenza: stiamo parlando di 25 bambini e cinque insegnanti», conclude il papà.

C’è chi vorrebbe tornare a lavorare ma non “si fida” a mandare il curriculum nel timore di dover chiedere in fretta i permessi per stare a casa con il figlio, ci sono mamme che pur potendo permettersi lo smartworking sarebbero costrette a modificare gli orari a seconda delle necessità del bambino, chi pur essendo casalinga si è già trovata a passare mezza giornata in coda alla ex-Dogana di Treviso con la prescrizione del tampone per un mal di pancia e chi non saprebbe proprio a chi lasciare la prole non potendo abbandonare il lavoro, già penalizzato dal periodo di lockdown.

Diana Bettiol
Diana Bettiol

Diana Bettiol vive a Villorba con i suoi quattro figli, due gemellini di 4 anni e due ragazzine di 10 e 14 anni. «Io sono commessa e vorrei ricominciare a lavorare – ci racconta – perché in casa abbiamo un solo stipendio e so che di impieghi in questo periodo ne troverei, ma come faccio a propormi ad un datore di lavoro con la spada di Damocle della quarantena scolastica? Avendo quattro figli tutti a scuola o all’asilo è un rischio troppo alto, senza contare che, ad esempio, ne ho già due ammalati per tosse e raffreddore, malattie dovute, secondo me, al fatto che in classe, per tenere un costante ricambio d’aria, le finestre vengono lasciate sempre spalancate».

Giada Melchiori
Giada Melchiori

Giada Melchiori, di Treviso, ha due figli di 4 e 7 anni, può gestire la sua professione in smartworking ma sa che con un bambino a casa dovrebbe rivedere i suoi ritmi. «C’è una situazione caotica perché se un compagno è positivo devi far fare il tampone anche tuo figlio, che sta in quarantena fino all’esito ma tutta la famiglia può uscire – specifica la mamma – basta però un mal di pancia e il bambino invece sta in quarantena con tutta la famiglia fino a quando non c’è il risultato. Se uno è libero professionista può farcela, chi è alle dipendenze ha sicuramente più difficoltà, ma anche io che posso lavorare in smartworking, se dall’oggi al domani un figlio restasse a casa, sarei costretta a trovare soluzioni nuove per orari, per trasporti, per capire chi sta a casa e chi va a prendere l’altro figlio, perché i nonni sono soggetti a rischio e non puoi mandarli a scuola. Per quanto mi riguarda sono favorevole ai “tamponi veloci” in classe, almeno ti eviti la coda all’ex-dogana».

Francesca Ferranti
Francesca Ferranti

La coda all’ex-dogana se l’è fatta invece ieri mattina Francesca Ferranti, un’altra mamma trevigiana, che ha portato il figlio di 12 anni a fare un tampone nel centro temporaneo allestito dalla Usl 2 in modalità drive in.«Avendo mal di pancia la pediatra per sicurezza ha prescritto il tampone al bambino – spiega Francesca – e così mezza giornata l’abbiamo passata in macchina con uno stato d’ansia, senza contare che il prelievo è molto fastidioso per i piccoli. Fortunatamente io sono a casa e riesco ad organizzarmi ma se un membro della famiglia risulta positivo so che tutto l’ufficio dove lavora mio marito va in quarantena fiduciaria».

Arianna Palleschi
Arianna Palleschi

Arianna Palleschi di Zenson di Piave è la titolare del Freak Bar a Treviso, e lei a casa non ci potrebbe proprio stare. «Per me sarebbe vero un problema – confida – non ho parenti in zona perché vivono tutti a Milano, mio figlio di 13 anni ha il rientro pomeridiano a scuola e poi sta con me nel locale un’oretta e torniamo a casa insieme, ma se si ammalasse non potrei tenerlo qui, né io potrei stare a casa perché lavorando in cucina sono essenziale e chiudere il bar non è concepibile considerato il periodo già perso durante il lockdown».ù

Code per i tamponi in Comelico
Code per i tamponi in Comelico

Come si vive in Comelico la quarantena a cui sono stati costretti i bambini dell’asilo di Campolongo e di San Pietro e della scuola primaria di Santo Stefano? Con sano realismo, qualche apprensione, ma anche senza eccessiva ansia. È quello che confermano due mamme.

La mamma dipendente «Aspettiamo di vedere quale sarà l’esito del secondo tampone, che dovrebbe essere fatto qualche giorno prima del 2 ottobre», dice la prima, «quando finirà la quarantena. I miei due figli sono a casa, rispettivamente, da mercoledì scorso e da sabato. Entrambi negativi al tampone, ma costretti a rimanere qui dopo che c’è stato un caso di positività all’asilo di Campolongo e alla primaria di Santo Stefano, che loro frequentano».

Come sta andando?

«Il problema è soprattutto per me che sono una lavoratrice dipendente e che quindi fino al 2 ottobre dovrò restare a casa senza percepire lo stipendio. Il dipartimento di prevenzione dell’Usl chiede che uno dei due genitori rimanga in assistenza al minore, cosa ovvia naturalmente; purtroppo, però, rimango a casa non pagata, perché non si tratta di malattia, non essendo i bambini positivi. Si parla di una legge che dovrebbe risolvere il problema dei congedi parentali per questi casi particolari, ma mancano le circolari esplicative sul portale dell’Inps e quindi al momento non è ancora attuata. Di certo è che non possiamo passare tutto l’inverno così».

Cosa servirebbe? «Scelte più snelle, test rapidi per i bambini delle scuole che sono venuti a contatto con chi ha il Coronavirus (decisione peraltro autorizzata proprio ieri pomeriggio dal Comitato tecnico scientifico del Governo, ndr), non isolare tutta una classe per un solo positivo, ma consentire a chi è negativo di poter andare regolarmente a scuola».

I bambini come stanno?

«Non hanno avuto reazioni particolari, certo si stancano un po’ a restare chiusi in casa. Ci tengo a dire, comunque, che non hanno avuto nessun problema a fare il tampone in drive in nei giorni scorsi, gli operatori sono stati molto bravi, erano ben organizzati ad hanno saputo buttarla sul gioco. Adesso vediamo cosa succederà, siamo in attesa della convocazione per il secondo tampone e speriamo bene».

Come si vive in paese? «C’è un clima quasi da lockdown, molto silenzio, la gente fa fatica ad uscire di casa, ha paura, timore. Ma io sottolineo che sono casi circoscritti e non ci sentiamo assolutamente appestati, come qualcuno vorrebbe dipingerci».

La mamma libero professionista «Anche mia figlia è in quarantena da sabato scorso», spiega un’altra mamma, «negativo al primo tampone. Il papà è isolato, secondo le indicazioni date dal dipartimento prevenzione, io devo separare i vestiti del piccolo, lavare separatamente le stoviglie, mettere a parte i rifiuti. Ed attendiamo la fine della quarantena, ma senza ansie eccessive. Anzi oggi hanno fatto anche lezione a distanza e le maestre sono davvero eccezionali con i nostri bambini, sanno coinvolgerli e tenerli attenti, cosa non facile».

Perché tutti questi casi in Comelico? Ve lo siete chiesti? «Forse una concomitanza di cause. Non credo sia dovuto al forte afflusso turistico che abbiamo avuto questa estate, perché di turisti ce ne sono stati su tutte le Dolomiti, no; forse l’apertura delle scuole, l’arrivo della stagione fredda, il fatto che in valle siamo pochi e facciamo comunità, quindi quando ci si trova fuori ci si saluta, pur con tutte le dovute cautele. Ma respingo in modo assoluto questa idea che il Comelico sia una zona più a rischio delle altre. Bufale. Non dobbiamo alimentare ansia».

Problemi per lei sul lavoro? «No, sono una libera professionista, abituata da sempre a lavorare anche da casa. Ma sono ben consapevole delle difficoltà che affrontano gli altri genitori e spero che si trovino soluzioni adeguate, come lo smart working o ammortizzatori sociali fin dal primo giorno di quarantena».

(A cura di Enrico Pucci - testi di Silvia Bergamin, Elena Grassi, Stefano Vietina) 

 

 

 

 

 

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