Cronista trattenuto per quattro ore in Questura, il sindacato: «Un fatto molto grave»

Il collaboratore del Mattino portato in Questura mentre documentava l’azione dei militanti di Ultima Generazione. Non ha potuto usare il telefono, né l’avvocata ha potuto parlarci. La solidarietà del Comitato di redazione

La Questura di Padova
La Questura di Padova

Il collaboratore del Mattino di Padova Edoardo Fioretto è stato fermato il pomeriggio di venerdì 12 aprile mentre si trovava a Palazzo Zabarella a Padova  per svolgere il suo lavoro di cronista ed è stato portato in Questura insieme agli attivisti di Ultima Generazione.

Fioretto è stato trattenuto per quasi quattro ore, senza la possibilità di usare il cellulare per comunicare con la redazione, con l’avvocato, con i familiari. È stato rilasciato verso le 20, senza alcun verbale di contestazione. Un caso sul quale è intervenuto il Sindacato Giornalisti del Veneto per denunciarne la gravità e chiedere immediata chiarezza sottolineando come il diritto di cronaca sia «un valore per la comunità e un presidio di democrazia che non può essere in alcun modo limitato o soppresso». Chiarezza chiesta anche dal Cdr del Gruppo Nem.

I fatti risalgono al 12 aprile pomeriggio quando Fioretto, avuta la notizia di una possibile azione di Ultima Generazione a Palazzo Zabarella, si reca sul posto per documentare eventuali iniziative. Entrato alla mostra “Da Monet a Matisse” dopo aver acquistato il biglietto, gira le sale per vedere se effettivamente è in svolgimento una qualche manifestazione. Fioretto assiste al momento in cui un gruppo di ecoattivisti viene portato via dalla polizia e scatta due foto. Gli agenti gli chiedono i documenti che lui esibisce qualificandosi come collaboratore del Mattino. «Ho fornito la mia carta d’identità elettronica», racconta, «Uno degli agenti è tornato indietro dicendomi che forse era falsa». In realtà nulla di questo tipo verrà poi contestato.

Fioretto decide di registrare il tutto girando un video e avvertendo gli agenti della cosa; loro non manifestano contrarietà. Gli dicono che sarà portato in Questura. Riesce a informare la redazione e della situazione viene avvertita l’avvocata del Mattino Orietta Baldovin. Fioretto viene accompagnato in auto in Questura, prima però gli vengono fatti depositare nel bagagliaio la macchina fotografica, la giacca, la borsa, il portafogli e il cellulare. Il materiale, una volta giunti a destinazione, gli viene fatto mettere su un tavolo. «Ho chiesto di poter prendere il cellulare, mi è stato detto che non potevo usarlo e che non potevo fare chiamate», riferisce Fioretto. Nel frattempo l’avvocata Baldovin tenta di mettersi ripetutamente in contatto con lui, senza ricevere risposta.

«L’ho prima cercato a Palazzo Zabarella ma mi è stato detto che i poliziotti si erano già allontanati, allora sono andata in Questura e ho chiesto più volte di poter parlare con il mio assistito, ma mi è stato detto che non potevo farlo. Ho atteso per tutto il tempo fuori». A vuoto anche le chiamate e i messaggi della redazione del Mattino al cronista per capire dove si trovasse e cosa fosse successo con Ultima Generazione a Palazzo Zabarella.

«In una sala controllata da due agenti eravamo in sette: cinque attivisti di Ultima Generazione, un giardiniere di Treviso che ha detto di non c’entrare nulla con gli ecoattivisti e di essere stato a Palazzo Zabarella per turismo e appunto io», prosegue Fioretto, «Ho chiesto i motivi per cui venivo trattenuto, se mi trovavano in stato di fermo o di arresto. Inizialmente mi hanno detto ero in uno stato di congelamento, poi che ero in stato di fermo. Non sono stato interrogato, non sono stato fotosegnalato a differenza degli altri. Poco prima delle 20 mi hanno detto che potevo andarmene e di firmare un documento».

All’uscita l’avvocatessa Baldovin gli domanda i documenti con le contestazioni. «Ma non c’è alcun documento, nessuna denuncia? Perché allora tutte quelle ore senza poter parlare con me?», chiede il legale.

Un fatto sul quale il Sindacato Giornalisti ha diffuso in serata una nota: «Il cronista è stato portato in questura alle 15.30 e da quel momento non è più riuscito a parlare con la redazione, nemmeno con l’avvocata della testata. Non è chiaro se vengano mosse accuse a suo carico, e quali, e se gli sia stato sequestrato il cellulare. Il Sindacato giornalisti Veneto, sottolineando la gravità di quanto sta accadendo, chiede con urgenza chiarezza alle autorità: «Se, come appare fino a questo momento, il collaboratore era presente per documentare un fatto di cronaca, il fatto che sia trattenuto in questura gli impedisce di fare il suo lavoro, che è quello di informare i cittadini. Il diritto di cronaca è un valore per la comunità e un presidio di democrazia che non può essere in alcun modo limitato o soppresso».

Solidarietà al collega è stata espressa dal Comitato di redazione dei quotidiani Nem: «I giornalisti sono testimoni, informano una comunità su quanto accade attorno a lei e stanno quanto più possibile vicini ai fatti proprio per rispettare nelle loro cronache quella “sostanziale verità” che è un obbligo deontologico di rispetto ai lettori e al mestiere che facciamo. Trattenere un giornalista per ore in Questura, impedendogli di fare il suo lavoro è un attacco alla libertà di informazione». E ancora: «Il Cdr esprime sconcerto ed estrema preoccupazione per quanto è avvenuto, attende di conoscere con la massima trasparenza la ragioni di tale comportamento da parte delle forze dell'ordine».

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