«Da bambino non giocava a calcio ma ci trascinava a recitare messa»

SCHIAVON. «Don Piero? Non mi stupirei se in futuro diventasse Papa». Queste sono le parole sulla bocca di molti a Schiavon dopo che ieri mons. Pietro Parolin è stato nominato segretario di Stato da papa Francesco. Il traguardo raggiunto dall'alto prelato ha emozionato il suo paese d'origine e, nonostante la posizione di rilievo che ora occuperà, per i suoi concittadini don Pietro sarà come è sempre stato: modesto e umile, ma allo stesso tempo brillante e dotato di un'intelligenza fuori dal comune. «La sua dote più importante? Ascoltava e osservava moltissimo, dopodiché apriva la bocca per dire quelle poche parole adeguate ad ogni situazione e profonde nell'analizzare le varie circostanze», racconta la zia Angela Guerra Parolin. «È sempre stato uno studente modello, il primo della classe, perennemente con un libro in mano per memorizzare più nozioni possibili». Da bambino Pietro non amava giocare a pallone, preferiva pregare. «Lo conosco da quando io avevo sette anni e lui sei», aggiunge il compagno d'infanzia Vinicio Turco. «Se giocavamo a calcio? Macché. Ci trascinava a “fare la messa”, a qualsiasi ora del giorno e anche durante i feriali», ricorda con un sorriso l'amico. «Lui la recitava in latino e io dovevo fare il chierichetto. Se sbagliavo le risposte alle sue invocazioni, me le suggeriva correggendomi». In tanti si ricordano del suo altarino, fatto di sassi e legnetti dove celebrava le sue personali, ma fedeli alle “originali”, cerimonie religiose. «Nemmeno quando è stato nominato nunzio apostolico ha dimenticato Schiavon», prosegue Guerra. «Ogni anno tornava dalla Nigeria, piuttosto che dal Messico o dal Venezuela, per far visita alla sua famiglia, ai suoi amici, agli ammalati e agli anziani del paese. Preferiva declinare un invito a cena piuttosto che non andare a trovare qualcuno». «A mio marito Antonio quindici anni fa è scoppiato un aneurisma. Dopo un lungo ricovero in ospedale, era quasi totalmente paralizzato. Don Piero veniva a trovarlo ogni estate e quando stava con lui vedevo il mio compagno trovare nuovo vigore», prosegue Milena Strapazzon. «Dopo quattro anni di carrozzella, ha poi iniziato a camminare e ora ha recuperato molto. È merito anche di Pietro se attualmente sta meglio. A mio padre Attilio, che ora ha 103 anni, ha sempre riservato un momento delle sue visite a Schiavon. Le sue parole profonde usate nella quotidianità – conclude – danno un valore aggiunto ad ogni cerimonia da lui celebrata, momenti unici ed intensi».
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