Dall'evasione alle spese pazze da Chanel, nel memoriale di Maniero i dettagli della vita dell'ex boss

Ecco il documento inedito che getta nuova luce su alcuni aspetti della vita del più celebre criminale del Nordest. Una storia che, a detta dell’ex “faccia d’angelo”, ha un unico motore: la sua compagna. "Lei mi ha tradito per il mio tesoro
PADOVA. Dagli anni d’oro in cui era il boss indiscusso della Mala del Brenta al clamoroso arresto per violenze in famiglia. Passando attraverso le vacanze da sogno a Marbella, le incredibili evasioni e gli altrettanto rocamboleschi arresti.
 
E poi il pentimento e la nuova vita come imprenditore. Fino al più terribile dei sospetti: che la donna amata, e per la quale ha tradito gli uomini della sua banda, l’abbia a sua volta tradito per denaro, il “suo” denaro.
 
Il memoriale di 90 pagine depositato da Felice Maniero nel corso del processo d’Appello a Brescia, dove è difeso dall’avvocato Rolando Iorio, non contiene soltanto la “sua” verità.
 
 
Rappresenta anche un documento inedito che getta nuova luce su alcuni aspetti della vita del più celebre criminale del nordest. Una storia che, a detta dell’ex “faccia d’angelo”, ha un unico motore: la sua compagna.
 
«Dal 1992 al 2016 ha vissuto letteralmente come una regina», scrive Maniero, «dal novembre del 1992 abbiamo iniziato a convivere mentre nel maggio dell’anno seguente ero latitante accusato dalla Procura di Venezia di associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti. Lei ha trascorso con me la latitanza fino al giorno dell’arresto nel mio yacht di 20 metri a Capri».
 
L’ex boss elenca poi alcuni dei regali fatti alla donna in questo periodo: un anello con una montatura da 4 milioni di vecchie lire con incastonato un diamante di alta qualità da un carato, un orologio d’oro di Cartier da 22 milioni e un pendente con un altro diamante da oltre un carato di altissima qualità».
 
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Il boss salta poi al periodo di latitanza dopo la clamorosa evasione dal carcere di Padova. «Attraversiamo la frontiera diretti a Parigi all’hotel Four Seasons George V, uno degli alberghi più rinomati del mondo, costo della suite 1.900.000 di lire a notte», ricorda Maniero, «solo di vestiti borse e scarpe per lei ho speso circa 45 milioni di lire da Chanel, Dior e Saint Laurent.
 
Poi prenotiamo una suite all’hotel Marbella club a Marbella il luogo di vacanza più rinomato della Spagna. Dopo il mese di vacanza a Marbella decidiamo di rientrare in Italia a Torino». Una scelta che si rivelerà fatale.
 
«Quando attraversiamo il confine assieme ai contrabbandieri», aggiunge Maniero per sottolineare come la sua ex compagna sia tutt’altro che una sprovveduta, «le chiesi se aveva paura e lei mi rispose “no, lo trovo eccitante”.
 
Dopo un mese e mezzo trascorso a Torino, durante il quale il boss fa comunque diversi passaggi in Veneto, i due vengono arrestati. E qui Maniero afferma di aver deciso di pentirsi per amore della sua donna non sopportando di saperla dietro le sbarre.
 
«Chiamo il dirigente della Criminalpool e gli dico che voglio collaborare», ricostruisce Maniero, «lo faccio se rilasciate la mia compagna. Lui mi disse: “Se mi dai il telefono di Pandolfo”, ritenuto il più pericoloso dei miei uomini, “domattina la rilasciamo”. Accetto l’offerta: il mattino dopo la mia compagna viene rilasciata e dopo pochi giorni Pandolfo viene arrestato».
 
Da allora è iniziata la seconda vita di Maniero. Almeno fino a quando i riflettori si sono nuovamente accesi su di lui mandando inevitabilmente in crisi la azienda che produceva filtri per la depurazione dell’acqua. E da qui i problemi economici.
 
«Purtroppo quando mancano i soldi accadono fatti molto spiacevoli», spiega l’ex boss pronto a spiegare anche il sospetto che ora lo ha colto. «Avevo consegnato a mio cognato 33 miliardi delle vecchie lire», ricostruisce Maniero, «di undici di questi sono stati trovati i passaggi in conti svizzeri investiti in obbligazioni e fondi comuni di investimento. Non è stata trovata alcuna traccia dei rimanenti 22 miliardi che gli ho consegnato, anche se la DDA di Venezia sta tuttora investigando».
 
Riccardo Di Cicco e Michele Brotini sono stati condannati per riciclaggio in primo grado e Appello: il primo a 4 anni e 6 mesi e il secondo a più di 8 anni. «Come può la mia compagna mentire consapevolmente nascondendo la vera causa per la quale la nostra famiglia è letteralmente andata in rovina?», si domanda il boss. E la risposta potrebbe essere contenuta in una lettera scritta dalla mamma del boss, Lucia Carrain, al figlio recluso. «Ma tu lo sapevi», gli scrive l’anziana madre, «che lei si telefona con Di Cicco?».
 
Per Maniero si tratta della “prova regina” dei sui sospetti. 
 
 
 

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