Davide Rigon, la passione in punta di dita: ha dipinto a mano 3.300 giocatori del Subbuteo

PADOVA. Spesso si tende ad accomunare l’arte allo sport. Per la bellezza di un gesto atletico, per l’emozione che regala uno sportivo comparabile a quella di un artista, per la capacità di muovere i sentimenti più profondi.
Poi c’è chi arte e sport riesce a mischiarle davvero regalando dei piccoli capolavori che non sfigurerebbero all’interno di una mostra. Davide Rigon, padovano classe 1976, è un artista prestato al Subbuteo. O un giocatore di Subbuteo prestato all’arte. Per Davide il Subbuteo ha rappresentato una passione estrema fin dai tempi della scuola, portandolo ad amare quei minuscoli calciatori, al punto di volerli creare lui stesso, in tutte le salse. Arrivando a produrre ex novo, a mano, la bellezza di 300 squadre in miniatura. Ovvero, almeno 3. 330 calciatori riprodotti in scala 1: 100. Ma riprodotti per davvero, con tutti i dettagli e i particolari estetici delle maglie e della fisionomia del viso. Robe da non crederci. Robe, appunto, da artista.

«L’amore per il Subbuteo mi è nato già a 12-13 anni», racconta Davide, che vive a Chiesanuova e fa il rappresentante di accessori di telefonia mobile. «Giocavo con gli amici e in commercio c’erano le squadre più famose dell’epoca. Però mi dispiaceva che nessuna delle miniature rispecchiasse fedelmente la realtà: non c’erano gli stemmi dei club, non c’erano gli sponsor. Quando iniziai ad andare alle superiori, grazie alle esercitazioni che facevamo durante le ore di elettronica, misi a punto un metodo per migliorare l’estetica delle miniature. Con delle vernici iniziai a colorare le statuine, poi grazie ai trasferelli, dei piccoli adesivi in voga all’epoca, iniziai ad aggiungere i nomi degli sponsor e degli stessi giocatori quando comparvero sulla schiena».
Ma siamo solo all’inizi. Mentre la passione per il Subbuteo continua nella vita del giovane Davide, il progresso tecnologico porta a una svolta nella sua passione.
«A cavallo del nuovo millennio scopro la decalcomania, il processo grazie al quale è possibile applicare sulle miniature un’immagine precedentemente impressa su carta. In questo modo si possono migliorare sensibilmente i dettagli, specie delle maglie».

Come funziona il procedimento?
«Il disegno iniziale della divisa lo faccio al computer tramite alcuni programmi di grafica. Poi stampo tutto sua una carta speciale che acquisto su internet. Una volta stampato, il disegno va ritagliato prima di essere applicato sui mini calciatori. Sempre sul web compro le miniature, completamente bianche. Per ogni divisa servono dai sei agli otto adesivi da applicare alle miniature. Dopo aver incollato tutti gli adesivi, comincio i primi ritocchi con la vernice. Ai primi tempi dovevo migliorare il colore per renderlo più fedele all’originale, ma con l’esperienza ho imparato a trovare il colore giusto già dalla stampa. Quindi, per personalizzare anche i tratti fisici dei calciatori, dalla capigliatura a qualche particolare, uso vernice e pennello».
Quanto tempo impiega a completare una squadra?
«Dipende dalla difficoltà, spesso ci vogliono anche 50 ore di lavoro. L’aspetto meno complicato è quello al computer, in un paio di giorni riesco a finire i disegni. La parte più delicata è quella nella quale si attaccano gli adesivi alle miniature. Anche perché a volte mi capita di non essere soddisfatto e se non riesco a correggere manualmente qualche imperfezione, prendo le miniature, le decoloro e ricomincio da capo».
È necessario essere molto pignoli?
«Abbastanza. Diciamo che nel tempo lo sono diventato, soprattutto quando creo le squadre su commissione. Mi piace farlo, ma potendo dedicarmici solo la sera e i weekend, spesso devo declinare qualche richiesta. In Italia saremo circa un centinaio a coltivare questo hobby. Ci sono dei veri e propri artisti che riproducono dettagli incredibili ma anche invisibili ad occhio nudo. A me piace essere preciso, ma allo stesso tempo tengo al fatto che ogni particolare possa essere visto anche senza l’aiuto di una lente».
Alla fine si affeziona alle miniature?
«Direi di sì. Alcune squadre non vedo l’ora di crearle, aspetto con ansia l’uscita delle nuove divise e mi metto subito al lavoro con l’obiettivo di giocare il prima possibile con le nuove miniature. Le chiamo “squadre pathos”».
Tra le 300 squadre che ha creato, quale le ha dato più soddisfazione?
«Ho riprodotto squadre dei cinque continenti, cercando di concentrarmi maggiormente sulle formazioni minori, quelle che proprio non si trovano in commercio. Poi io ho un debole per il calcio sudamericano e i miei lavori migliori si sono concentrati lì. In cima c’è la Nazionale messicana del 1998. Quella divisa verde mostrava un particolare disegno di arte atzeca. Riuscire a riprodurlo fedelmente era diventata una sfida tra tutti i creatori di miniature. Diciamo che me la sono cavata e alla fine sono stato felice del lavoro fatto».
E poi c’è il Padova, la squadra delle sua città, riprodotta addirittura in cinque versioni.
«Sono un tifoso biancoscudato e ho cominciato con una delle divise più belle, quella griffata Adidas, con le maniche rosse, del 1982-83. Poi c’è quella blu con il Gattamelata della Serie A e infine quella nera con la quale El Shaarawy eliminò il Varese ai playoff 2011».
E i giocatori più belli che ha ricreato?
«Il mio preferito è Lalas, con tanto di pizzetto rosso. Ma in generale mi piace fare tutti i capelloni, da Valderrama in poi». —
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