Di Maio incorona il “modello Treviso” «Così traccia la strada verso Rifiuti Zero»
L’INTERVISTA
Ministro Di Maio, Il modello Treviso è il vostro riferimento, e da sempre Grillo guarda con attenzione alle esperienze di questo territorio. Un modello che la Lega non sposa subito ma poi adotta. Resta il vostro riferimento e il modello, come da contratto, per il resto del Paese?
«Il “modello Treviso” può essere adottato ovunque, come dimostrano esperienze in tutta Italia. È questo modello pubblico sui rifiuti urbani che ha condizionato positivamente il Veneto, ora sopra il 70% di raccolta differenziata, con soli due inceneritori medi, altri due fermati e altri due cancellati proprio a Treviso. Non costruirli ha promosso lo sviluppo di questo sistema virtuoso, che punta a riciclare il 96% al 2023. Come dicono i nostri consiglieri regionali, la Regione, che non ha attuato il piano rifiuti, dovrebbe farlo seguendo il sistema Treviso. Ma ricordo anche Mantova all’85%, il Trentino oltre il 75%, Belluno... Novara, anni fa, ha esteso il porta a porta e bloccato un inceneritore, come Reggio Emilia. Livorno chiuderà l’inceneritore e sta progettando una “fabbrica dei materiali” per il recupero di materia. Con questi modelli andremo a chiudere gradualmente inceneritori e discariche, senza realizzarne nuovi. La strada verso Rifiuti Zero è tracciata».
Come ritiene si possa esportarlo, concretamente?
«Lo dice il Contratto di Governo: estensione della raccolta domiciliare con tariffa puntuale, creazione d’impianti di trattamento e selezione, impianti di compostaggio. Il “Modello Treviso” sui rifiuti urbani crea tantissimi posti di lavoro e tutela l’ambiente. Oggi l’economia circolare occupa oltre 500 mila persone, estenderla creerebbe almeno altri 200 mila nuovi posti. In Legge di bilancio c’è un nostro emendamento che abbassa l’Iva al 5% per i materiali riciclati, ed è previsto il credito d’imposta per le aziende che riducono gli imballaggi, specie gli oggetti di plastica monouso. Ancora, la legge ‘Salva Mare” del ministro Costa prevede il graduale divieto di vendita di oggetti usa e getta, accompagnando la riconversione industriale. E alla Camera una nostra proposta di legge sul riuso abbatte altre 600 mila tonnellate di rifiuti da smaltire, quel che brucia un inceneritore come Brescia o Acerra. E abbiamo previsto l’obbligo per tutti i Comuni di fare la raccolta dell’organico entro il 2020».
Ritiene praticabile una politica incentivante, che premi nelle tariffe i cittadini virtuosi e punisca chi non ricicla, con ulteriore inasprimento delle tariffe?
«Chi meno inquina meno paga, chi più ricicla o produce rifiuti meno paga. È la “tariffa puntuale”. In Legge di bilancio abbiamo inserito l’Ires verde dal 2020. Le aziende che adotteranno processi meno inquinanti pagheranno meno».
ll suo collega Salvini ha lanciato la proposta degli inceneritori in Campania, uno per provincia. Il vostro “no” agli inceneritori resta, senza se e senza ma, o siete disponibili ad aprire a determinate esperienze e modelli?
«Sono i numeri industriali che non giustificano nuovi inceneritori. Nel contratto di Governo si vuole arrivare ad un graduale superamento puntando su nuove tecnologie con il “modello Treviso”. Non a costruirne di nuovi. Per un inceneritore ci vogliono dai 5 agli 8 anni, con costi tripli rispetto agli impianti di trattamento a freddo con recupero materia, impianti tra l’altro flessibili. Oggi la Campania è oltre il 52% di differenziata, come il Veneto dieci anni fa. Conviene estendere la differenziata e costruire impianti di recupero materia. Benevento è oltre il 70%, Salerno e Avellino oltre il 60%. Se i Comuni di Napoli e Caserta partissero subito con il porta a porta e si realizzassero ulteriori impianti per trattare e recuperare materia a freddo, riciclare e fare compostaggio senza speculazioni, non ci sarebbero i rifiuti e non servirebbe costruire un nuovo inceneritore. C’è già Acerra: più ricicleremo, più lo “affameremo”. Tutte le politiche Rifiuti Zero sono decennali e graduali. Se ricicliamo carta, plastica, gomma, tessili, organico recuperiamo più energia di quando bruciamo gli stessi materiali».
Resta anche a Treviso il problema dei rifiuti industriali. Legambiente chiede ad esempio, in Veneto, un sito ove conferire in sicurezza l’amianto.
«Su amianto e lotta alle discariche abusive siamo in prima linea da anni. Sui rifiuti industriali bisogna lavorare parecchio, ma sempre nell’ottica o dell’economia circolare. I rifiuti industriali da Nord a Sud sono quelli che hanno generato le “Terre dei fuochi”. Serve mappare l’amianto, con la nostra proposta di legge Zolezzi vogliamo incentivare il trattamento di prossimità dell'amianto con i migliori metodi disponibili. Una discarica in sede adeguata non è oggi da demonizzare. Ma il Veneto aveva individuato un’area non idonea vicino a una zona esondabile del Po. Oggi ben 250 mila tonnellate all’anno di amianto su 400 mila finiscono in Germania in discariche di superficie o spariscono sotto spiagge e campi, anche in Veneto».
Altra piaga, nel Veneto, sono i siti da bonificare: Porto Marghera, le zone contaminate da Pfas. Anche qui al Nord le “Terre dei fuochi” sono una realtà conclamata. Come si può agire?
«Nel 2015 denunciammo con pochi altri la “guerra dei rifiuti”, gli incendi di impianti in tutta Italia. Il provvedimento “Terra Mia” mira a mettere in sicurezza tutto il Paese. Sulle bonifiche stiamo analizzando le risorse disponibili, il ministro Costa ha reperito oltre 20 milioni. Ci saranno anche semplificazioni normative, ma chi ha inquinato deve pagare. I Pfas per fortuna non vengono più prodotti alla Miteni, una nostra battaglia sin dal 2013, e stiamo monitorando gli esiti delle indagini. Una volta accertate le responsabilità chi ha inquinato dovrà ricostruire a sue spese gli acquedotti che ha reso inservibili e bonificare l’area». —
Andrea Passerini
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