Diecimila cattedre scoperte al prossimo anno scolastico in Veneto

VENEZIA. Sarà un altro anno di passione per la scuola veneta. Come i precedenti, più dei precedenti. Perché l’emorragia, ogni anno, si allarga sempre più; e la doppia sutura dei concorsi straordinario e ordinario è in realtà un’operazione chirurgica lasciata a metà, travolta dalla seconda ondata.
Dipanare la nebbia nel mondo della scuola è sempre un’impresa. Eppure una certezza, in vista del suono della prima campanella del prossimo anno scolastico, c’è: le 10 mila cattedre scoperte. Al loro ritorno nelle aule, gli studenti veneti dovranno fare i conti con l’assenza di un professore su cinque.
Frutto delle carenze endemiche nel mondo della scuola – lo dimostrano le convocazioni per i supplenti, conclusesi in Veneto a dicembre inoltrato –, a cui appunto avrebbero dovuto far fronte i due “concorsoni”; e frutto della corsa eccezionale a quota 100. Con l’ultima finestra che si è chiusa il 7 dicembre, con la presentazione di 1.370 domande, a cui aggiungerne ulteriori 1.046 “extra quota 100”, per un totale di 2.416 professori che chiedono di andare in pensione il prossimo settembre.
Numeri da sommare ai 1.800 pensionamenti di quest’anno, che hanno contribuito al raggiungimento della cifra record di 7.578 cattedre vacanti. Saranno 10 mila, nel prossimo anno scolastico, sulle 48.507 totali. E questo considerando il solo organico di diritto, spesso infoltito dai dirigenti con l’organico di fatto, con richieste extra a seconda delle esigenze.
Ben più di un’ipotesi sulla carta. E “quota 100” inciderà anche tra le dirigenze scolastiche, seppur per il momento non sia possibile disegnare un quadro corretto, dato che i presidi hanno ancora oltre un mese di tempo per inoltrare le domande di pensionamento. L’anno scorso erano state 35, di cui 11 motivate da “quota 100”; quest’anno probabilmente saranno di più.
Le situazioni più gravi si registrano tra i maestri delle scuole per l’infanzia, delle primarie e i professori di sostegno. E il motivo è il numero chiuso dei corsi universitari. Considerando gli insegnanti delle materne, l’anno prossimo potrebbe mancarne più di uno su quattro, con la previsione di un migliaio di cattedre vacanti su 3.800. Non dovrebbe essere molto distante la proporzione per i maestri delle elementari. D’altra parte, in Veneto sono appena 300 i posti attivi nelle facoltà di Scienze della formazione primaria, con una media annuale di 200 laureati.
L’altra situazione disastrosa si registra tra gli insegnanti di sostegno, 6 mila dei quali stanno lavorando privi dell’abilitazione. E anche qui il motivo è il numero chiuso. Tra gli insegnanti delle medie e delle superiori, a preoccupare è soprattutto la carenza dei professori di Lettere. In questo caso a incidere non è il numero chiuso, ma le sempre minori iscrizioni alla facoltà negli ultimi anni, a favore dei più redditizi indirizzi scientifici. Ma ora la situazione si è capovolta.
Tutto questo si sarebbe dovuto riequilibrare con il doppio concorso, straordinario e ordinario. Il primo, per la stabilizzazione dei cosiddetti precari storici; il secondo, destinato invece ai neolaureati.
Niente da fare. Dopo mesi (anni) di promesse, lo straordinario è iniziato in piena pandemia, venendo bloccato a metà dalla seconda ondata. E non si intravedono nuove date all’orizzonte: né per la sua ripresa, né per l’inizio dell’ordinario. Nulla si sa nemmeno sul destino dei docenti che hanno preso parte alle prove prima che queste venissero bloccate. A fronte di 4.508 partecipanti, il concorso straordinario avrebbe portato a coprire 3.111 posti di ruolo negli istituti secondari della regione: 1.428 alle medie e 1.683 alle superiori. Di questi, ben 690 erano destinati al sostegno.
Alle medie, le urgenze si avvertivano per italiano, storia e geografia (339 posti), matematica e scienze (285) e arte (104).
Simili le necessità alle superiori, con la messa a bando di 143 cattedre di lettere, 99 di matematica, 89 di scienze naturali, chimiche e biologiche e 82 di scienze e tecnologie informatiche.
Rimanendo sul fronte delle carenze, a settembre la situazione potrebbe essere estremamente grave anche considerando il personale ata, i famosi “bidelli”. Sono 714 le loro richieste di pensionamento inoltrate quest’anno, di cui 310 motivate ancora da “quota 100”. La seconda cifra più alta di tutta Italia, alle spalle dei soli numeri della Lombardia.
Il tema si intreccia con l’internalizzazione del servizio, ormai un anno fa, prima in appalto a Manutencoop.
«In Veneto, sono rimaste escluse più di 200 persone, perché prive dei requisiti stabiliti dalla legge» spiega Maurizia Rizzo di Cisl. Ora le maglie sono state allargate. «Anche per questo contiamo sul fatto che almeno il 70-80% dei lavoratori, ora in cassa integrazione, sia riassorbito e di fatto copra parte dei buchi motivati dal probabile pensionamento di massa». —
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