Dopo draghi la politica italiana non sarÀ piú la stessa di prima

Penso che molti tra gli attuali parlamentari italiani si interroghino in merito al loro futuro politico; un futuro incerto perché con il passaggio dal governo Conte II al governo Draghi il treno della politica italiana passa da un binario a un altro binario e nulla sarà come prima, anche se alcuni partiti ritengono che il dopo Draghi sarà la riproposizione dell’attuale sistema politico. Invece, è molto probabile che il sistema politico italiano si strutturerà con modalità che rappresenteranno una seria rottura rispetto alle modalità con cui tale sistema si è strutturato dal 2018 ad oggi.

Va ricordato che la nascita del governo Draghi è stata determinata da eventi extra politici, come la pandemia, a cui hanno fatto seguito dinamiche economiche difficili per tutti i paesi europei, ma particolarmente per l’Italia. Per quanto riguarda l’Italia, la pandemia è stata un evento che ha messo a nudo le debolezze di un sistema politico, dal 2018 dominato dal M5S, che non è stato in grado di mostrarsi all’altezza delle sfide sociali ed economiche che dalla pandemia derivavano.

Oggi il M5S si trova in una situazione difficile e quasi certamente le prossime elezioni politiche testimonieranno il divorzio tra tale movimento politico e l’elettorato italiano. Un elettorato che per un certo periodo di tempo ha seguito Grillo nel ruolo di un improbabile Forrest Gump politico, seguito da molte persone ingenue e poi deluse che non sapevano dove Grillo le avrebbe portate.

La vicenda del M5S ha una centralità nella complessa vicenda della politica italiana. Con la crisi sanitaria ed economica le parole d’ordine di Grillo hanno perso la loro capacità seduttiva. Il presidente Mattarella, parlando della necessità di dare all’Italia un governo di alto profilo, ha messo drammaticamente sotto le luci della ribalta che non è vero che “uno vale uno” e che un politico impreparato vale come un politico preparato. L’altro grande evento, determinato dalla pandemia è dato dalla mobilitazione dell’Unione Europea (UE) al fine di salvare le economie dei paesi europei da una crisi che avrebbe fatto impallidire quella del 1929. Le parole d’ordine che negli ambienti “sovranisti” circolavano si sono dimostrate vuote di contenuto, tanto da indurre due delle forze sovraniste italiane a modificare i loro atteggiamenti verso l’UE o, se si vuole, verso il processo di integrazione europea.

Dopo aver veleggiato nei mari del sovranismo puro e duro il M5S si è scoperto all’improvviso “europeista”, sebbene permangano dei dubbi se esso abbia effettivamente metabolizzato i valori ed i principi del processo di integrazione europea basato su di un liberismo moderno e certamente non anarchico. Si leggono dichiarazioni di alcuni esponenti del M5S che rivendicano al contempo un europeismo e una ideologia avversa al liberismo, dimenticando che il Mercato Comune Europeo, teso ad eliminare gli ostacoli ai commerci intereuropei, è stato il punto di partenza dell’evoluzione del processo di integrazione europeo. In un simile contesto non si riesce a capire l’idea di Zingaretti di dar vita a una alleanza organica con il M5S, viste le differenze ideologiche fra le formazioni.

Diversa dalla situazione del M5S è quella della Lega. Tale partito esprime interessi e pulsioni che caratterizzano una Italia della produzione che vede nell’Europa l’area che dà forza all’economia italiana. Così, la Lega deve fare i conti con una realtà che la spinge a far propria l’idea di una Europa più federalista e meno tecnocratica. Il che sarebbe una svolta politica positiva per il Paese. — © RIPRODUZIONE RISERVATA



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