Ecco il Plexiglass a impatto zero, dalle discariche nasce il design

La Acrilgraph di Limena si serve del cracking e studia l’uso  dei materiali con il Dipartimento d’ingegneria di Padova



Lampade di design, soprammobili, vasi, sedie e tavoli ma anche barriere autostradali. Le modalità d’impiego del plexiglass (in termini tecnici polimetil metacrilato, ma nel linguaggio corrente ha preso il nome dell’azienda tedesca che per prima l’ha concepito e messo in commercio) sono numerose e fantasiose. Ma soprattutto, se a produrre il materiale è Acrilgraph, sono tutte ad impatto zero.

L’azienda, diretta da sempre dalla famiglia Puppoli, nasce nel 1964 a Limena, in provincia di Padova. E da sempre sposa la filosofia dell’economia circolare: «noi non produciamo a partire dal petrolio» spiega Marco Puppoli, manager dell’azienda «ma resuscitiamo il plexiglass che finisce in discarica. Il materiale viene opportunamente raccolto in tutta Italia da parte di aziende autorizzate, che poi ci forniscono la materia prima secondaria selezionata secondo la normativa europea di riferimento».

L’azienda non utilizza materiali inquinanti, non produce emissioni inquinanti ed il materiale prodotto è assolutamente atossico (tanto che lo si può usare anche per scopi alimentari) e perfettamente riciclabile. Difficile spiegare esattamente a cosa serva il plexiglass: è un materiale molto resistente, facile da lavorare e prezioso, perché giocando con i colori e le trasparenze sa essere anche molto bello. Non a caso, è molto usato nell’ambito dell’arredamento di design.

Si presta a sostituire il vetro laddove non serva resistenza ad alte temperature, ma piuttosto una buona resistenza agli urti. Proprio questa caratteristica permette di usarlo anche in ambiente urbano: può inglobare molti materiali senza rovinarli, proteggere, schermare o decorare. «Ha moltissima resistenza agli agenti atmosferici» spiega ancora Puppoli «per questo si usa per le barriere autostradali. Le rondini che spesso vediamo su quelle barriere, e che sembrano un ornamento, in realtà servono a proteggere gli uccelli: perché il plexiglass è più trasparente del vetro e gli animali rischiano di non vederlo». Tra i maggiori settori d’impiego ci sono la nautica, l’illuminazione e l’arredamento: nel portfolio dell’azienda spiccano lampade a stelo che sembrano sbocciare come un fiore, con una corolla si petali in plexiglass; altre sembrano fatte in flessuoso ed elegante vetro di murato, trasparente e screziato di colori vivaci. E ancora sedie, tavoli, piccoli mobili, scale, complementi d’arredo.

«Il processo di produzione» spiega ancora Puppoli «prende le mosse da un'attività di dissociazione molecolare (cracking) la quale produce un monomero grezzo che, dopo opportuni trattamenti chimico fisici, ci conduce al monomero puro. É un processo di distillazione molto semplice, che somiglia un po’ a quello della grappa. Terminata questa fase il monomero viene colato in stampi di vetro per ottenere lastre acriliche in vari spessori e colorazioni. Le varietà che offriamo sono oltre 3400 e c’è anche la possibilità di inglobare altri materiali: foglie, erba, tessuti o altro. Poi, una volta formate le lastre in plexiglass, sempre all'interno della nostra azienda è possibile lavorare questi manufatti in tutte le forme possibili: dal taglio alla piegatura alla termoformatura. In questo modo possiamo creare il prodotto desiderato dal cliente nei vari settori: arredamento, gadget, automotive, nautica».

Proprio in questo periodo, l’azienda (pressoché unica nel suo genere) sta concretizzando un progetto di collaborazione con il dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università di Padova, al fine di studiare la realizzazione di manufatti innovativi in plexiglass.



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