Elena la "nera", da quindici anni regina di palazzo Balbi, tra apologia del duce e crociate anti-Lgbt

L’assessore al Lavoro e all’Istruzione entrò a palazzo Ferro Fini come segretaria di Sergio Berlato, allora membro di Alleanza nazionale e suo sponsor. Ma le giravolte tra sigle, partiti e fedeltà politiche sono state molte
L'assessore regionale Elena Donazzan a una cerimonia per i combattenti della Repubblica di Salò
L'assessore regionale Elena Donazzan a una cerimonia per i combattenti della Repubblica di Salò

il ritratto

Se la foto di Mussolini con la trilogia “Credere, obbedire, combattere” non si può immortalare, per giurare piena fedeltà ai valori della destra “Dio, patria e famiglia” ha ripiegato su Giorgio Almirante: “Vivi come se dovessi morire subito, pensa come se non dovessi morire mai”.

Si presenta così Elena Donazzan sul sito web e ne ha vissute di stagioni in politica: cresciuta nel Fronte della Gioventù a Bassano del Grappa, invece di rendere omaggio ai 31 partigiani impiccati dai nazisti, è rimasta fedele allo zio Costantino, che da piccola le ha insegnato Faccetta nera e l’omaggio al duce.

Se c’è da "difendere" la famiglia tradizionale contro la legge Cirinnà e le unioni civili lei guida la crociata contro le persone Lgbt. Se c’è da buttarsi nella mischia, sempre con onore e coraggio, ad Agorà estate, lei non perde un colpo. «Cos’ha di fascista Casa Pound? La Resistenza è stata una guerra civile» ha detto su Rai 3 ai tempi di Salvini premier.

Più che “giurar una volta sola fedeltà alla causa” Elena Donazzan ha imparato in fretta il valzer delle poltrone e delle canzonette: da Meno male che Silvio c’è ai tempi di Galan in Forza Italia a Va’ Pensiero di Bossi quando un anno fa bussò alla Lega per entrare nella lista Zaia e restare incollata allo scranno di assessore, con la delega a Lavoro e Formazione professionale.

PER APPROFONDIRE

Un portafoglio che vale milioni di euro da gestire con le categorie economiche. Nell’organigramma della destra veneta, occupa un posto di serie B: prima Gianfranco Fini e poi Adolfo Urso e Giorgia Meloni hanno scelto Verona come capitale di An e FdI forti del patto con i fratelli Alberto e Massimo Giorgetti, mentre a Padova i punti di riferimento sono stati Maurizio Saia e Raffaele Zanon. Lei è vicentina di Pove sul Grappa, la montagna sacra della Prima guerra mondiale, oltraggiata dai nazisti con gli eccidi dei partigiani venticinque dopo.

ROCCATO - INTERVISTA A ELENA DONAZZAN ROCCATO - INTERVISTA A ELENA DONAZZAN
ROCCATO - INTERVISTA A ELENA DONAZZAN ROCCATO - INTERVISTA A ELENA DONAZZAN


Il “padre” politico di Elena Donazzan si chiama Sergio Berlato, eurodeputato, re dei cacciatori, che la fa entrare nello staff di palazzo Ferro Fini nel 1997. Due anni dopo lo segue a Bruxelles, nel 2000 si candida per An e varca la porta del consiglio regionale. Ora Elena cammina da sola.

Nel 2005 Galan esclude dal listino del presidente Valter Gasparotto, la Donazzan fa il pieno di preferenze e diventa assessore al Lavoro, riconfermata nelle ultime tre legislature.

Il patto si rompe nel 2011: nel Pdl infuria una guerra per bande, Galan si allea con la Sartori, Zanettin e la Donazzan per spodestare Berlato che ha già depositato in Procura di Vicenza i primi documenti sullo scandalo del Mose.

Il blitz scatta il 4 giugno 2014, le denunce degli imprenditori esclusi dagli appalti hanno trovato i riscontri, il re dei cacciatori grida giustizia ma viene isolato come un appestato pre-Covid.

Dal terremoto giudiziario si salva la Lega mentre Forza Italia stritolata alle urne si affida ad Elena Donazzan che torna a palazzo Balbi, nel 2015, con la maglia azzurra di Berlusconi. Basta con la camicia nera dello zio Costantino, ma il patto dura un paio d’anni, poi è tutta una lite con Renato Brunetta che non le rinnova la tessera e lei forma l’intergruppo con Massimo Giorgetti.



Fedele ai valori della destra sociale, Donazzan cavalca con passione ogni mischia ideologica se c’è da rivalutare la stagione del duce. Ve la ricordare la “spiaggetta nera” di Punta canna a Chioggia? Chi poteva correre in aiuto di Gianni Scarpa, indagato per apologia del fascismo per i suoi manifesti pro Mussolini? Solo Elena, che ha promosso una festa vintage, stile anni Trenta, nello stabilimento nell’occhio del ciclone. La sua idea? «Mi voglio vestire da Margherita Sarfatti, scrittrice e giornalista veneziana, amante di Benito Mussolini» dichiarò ai giornali.

Restano gli attacchi scomposti al prefetto di Venezia Carlo Boffi, come quello del 10 luglio 2017: «Non ha ordinanze più serie cui apporre la propria autorevole firma? Blocchi gli zingari e chi fa accattonaggio fuori dalle messe». Sia chiaro, in quella spiaggia ridicola dei misfatti, c’era persino il segretario Pd Terry Manfrin arruolato come cuoco per tre giorni e pagato con i voucher. Tutti amici. In Veneto finisce sempre con un cin cin al Prosecco.

Ma cosa c’è nel pensiero della Donazzan che affascina Zaia, che l’ha voluta in giunta contro il parere di FdI ? Difficile trovare una risposta esaustiva. Vinte le elezioni con il 76%, Giorgia Meloni ha telefonato al governatore per ricordargli il patto di coalizione: anche in Veneto FdI deve entrare in giunta. Due i candidati. Elisabetta Gardini, che ha lasciato Forza Italia abbagliata dalla nuova destra sovranista anti Ue. E poi Raffaele Speranzon, convinto di meritare una poltrona a Palazzo Ferro Fini dopo aver speso la giovinezza a imbrattare Venezia di manifesti con la faccia di Fini e della Meloni. Niente fa fare. Il federalista Zaia ha voluto solo la più devota al duce. —
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