Eredità Conte, la beffa dei conti vuoti in Svizzera

Cadore doveva liquidare in contanti gli 8 cugini legittimi dell'imprenditore scomparso così i parenti hanno noleggiato un pullmino e varcato la soglia di una famosa banca di Lugano
Come fa un esercito di parenti, misconosciuti in vita, a restare silenti e tranquilli di fronte alla possibilità di incamerare almeno una sostanziosa quota dell’eredità milionaria del defunto Mario Conte? La risposta è semplice: all’insegna del sacrosanto principio «meglio incassare una somma sicura oggi che attendere un bonifico dal destino del tutto incerto domani», è bastata la prospettiva di una robusta liquidazione in contanti per deporre le armi o, almeno, dichiarare una guerra di facciata tanto per salvare le apparenze. Robusta liquidazione almeno secondo il senso comune, non certo proporzionale alle dimensioni del patrimonio da 90 milioni di euro accumulato in vita dall’imprenditore-pellicciaio padovano, allergico alle tasse ma sensibile alla solidarietà cristiana.


Eppure a tutt’oggi nessun frutto promesso sarebbe arrivato nelle tasche degli otto potenziali eredi di Mario Conte, parenti di quarto grado nella linea di successione scovati dall’erede ufficiale del de cuius, l’ex domestico-tuttofare Luciano Cadore.


Così quella che sembrava una faccenda ormai risolta e messa alle spalle, nell’ambito di una storia con risvolti giudiziari sempre più imprevedibili, rischia di trasformarsi in una complessa querelle dagli esiti tutt’altro che scontati di fronte a quello stuolo di parentado rimasto a bocca asciutta, con un conto corrente acceso in Svizzera desolatamente vuoto.


È lo stesso Luciano Cadore che, all’indomani della morte del suo «benefattore» avvenuta il 13 ottobre 2008, dopo aver conquistato la nomina a curatore dell’eredità giacente che gli consente di mettere legittimamente mano a tutte le carte dell’imprenditore passato a miglior vita, con il fedele commercialista Alessandro Castellini contatta l’archivio notarile per verificare se Conte avesse depositato un testamento.


Non risulta nulla. Del resto, poco prima di spirare, era stato lo stesso Mario Conte ad assumere un solenne impegno con il professor Angelo Ferro, presidente dell’Opera Immacolata Concezione (Oic): di lì a qualche giorno, aveva garantito l’anziano milionario, avrebbe provveduto a cristallizzare in un atto ufficiale le proprie volontà per lasciare una parte delle sue ricchezze alle «opere di bene».


A novembre 2008 la novità. Riordinando le carte del suo «padre dell’anima» Mario Conte, Luciano Cadore sostiene di aver scoperto in una vecchia borsa da lavoro, chiusa in un armadio di casa, il testamento che lo incorona unico erede universale. Il commercialista Castellini s’affretta a chiedere la revoca della nomina a curatore dell’eredità giacente ottenuta da Cadore. E lo stesso Cadore si rivolge al notaio asiaghese Giancarlo Muraro per la pubblicazione dell’atto testamentario. Perché andare fin sull’Altopiano per aprire il testamento Conte? La risposta è fornita dallo studio Longo-Ghedini in una memoria del 27 luglio scorso, depositata al tribunale civile in risposta alla causa avviata da Renzo Fontani, fratello di Elena, uno dei due cugini di Mario Conte che vantano il diritto alla successione ereditaria: «Al notaio di Asiago, nel passato, Conte si era rivolto più volte durante le vacanze estive...». Cadore ha pure l’obiettivo: «... di evitare il clamore conseguente alla nomina ad erede». Forse l’ex domestico già sapeva di essere il fortunato destinatario del milionario patrimonio?


A questo punto diventa prioritario far piazza pulita di chi potrebbe rivendicare dei diritti sull’eredità. Uno per uno vengono contattati i dieci potenziali eredi di Mario Conte. Non c’è dialogo con Renzo ed Elena Fontani (figli di una zia paterna del defunto imprenditore). Gli altri parenti si affidano alla tutela dell’avvocato Luca Filipponi: sono Giuliana Mazzucato di Padova; Odilla Paluan di Bussolengo; Radames Tasca di Pontelongo; Luciano Tasca di Nichelino (Torino); Giovannina Mazzucato di Ponte Dan Nicolò; Gino e Livio Mazzucato di Padova e Maria Mazzucato di Monterosso di Abano. Nessuno fra loro attacca frontalmente il neomilionario Luciano Cadore. A intentare causa civile all’ex tuttofare del pellicciaio sono Renzo Fontani, che si dichiara erede legittimo del defunto, ed Elena Fontani, che avvia una causa civile oltreché trasmettere un esposto alla procura della Repubblica. Quest’ultima, non vuole nulla per se stessa: donna di fede, assume l’impegno di trasferire ogni eventuale bene ereditato all’Oic e al Cuamm Medici per l’Africa.


«In caso di annullamento del testamento» precisa in una memoria l’avvocato Filipponi che s’insinua nella vertenza civile «il patrimonio dovrà essere diviso fra gli eredi legittimi... solo nell’ipotesi di accertamento della nullità del testamento...», riconoscendo che «... vi è stata una vocazione testamentaria con designazione del successore nella persona di Luciano Cadore». Come mai tanta gentilezza? «I convenuti (escluso Luciano Tasca) avevano già promosso l’azione di petizione dell’eredità Conte a maggio e successivamente rinunciavano agli atti del giudizio...» è la giustificazione. «Tale condotta prudenziale, che non implica rinuncia all’azione, veniva ispirata dal fondato timore di richiesta di risarcimento danni da parte dell’erede testamentario (Cadore) e il blocco dei beni attesa la perdurante incertezza in ordine alla asserita falsità del testamento impugnato...». Scelta ponderata: nei mesi precedenti il gruppo di parenti risulta aver noleggiato un pulmino. Destinazione un istituto di credito di Lugano, in Svizzera, per accendere un conto corrente. Dei 370 mila euro promessi a ciascun correntista, però, non ne sarebbe arrivato neppure uno. (2. Continua)

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