Ex Popolari venete scatta l’indagine sui grandi debitori
La Commissione banche ha chiesto l’elenco ai liquidatori Casini: normative eluse. Brunetta: disparità di trattamento

manifestazione a vicenza (foto Francesco Dalla Pozza)
PADOVA. «Appare chiaro e limpido che le normative sono state ampiamente eluse». Lo ha detto ieri il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche Pierferdinando Casini, in occasione dell’audizione dei risparmiatori sentiti proprio - e non casualmente - nella Giornata mondiale del Risparmio; elusione rimarcata anche da Enrico Zanetti. Ha precisato Casini: «La maggior parte del dissesto è ascrivibile alla cattiva gestione del management, a pratiche commerciali non corrette, a comportamenti in violazione di qualsiasi canone di correttezza».
I grandi debitori.
Casini ha poi acceso i riflettori sui grandi debitori insolventi, sui prestiti agli amici degli amici concessi in assenza di garanzie. «Ho chiesto ai liquidatori di trasmettere l’elenco dei debitori, con i principali nomi e con gli importi relativi», ha annunciato il presidente. Casini ha risposto così all’avvocato Andrea Arman, presidente del Coordinamento Banche Popolari Venete che aveva chiesto di far luce sulla fine dei soldi dei risparmiatori veneti. «Chi sono i grandi debitori delle banche che rappresentano da soli il 30-40% dell’intero ammontare del debito?», aveva detto chiedendo inoltre la restituzione dei soldi e invocando giustizia. La Commissione intende inoltre approfondire il “sistema dei preordini”.
I preordini.
Quelli delle banche venete non erano speculatori, ma risparmiatori che spesso avevano la quinta elementare o la terza media e, malgrado ciò, venivano classificati come soggetti disponibili a operazioni ad alto rischio. Lo ha sottolineato Elena Bertorelli, responsabile nazionale della Casa del Consumatore, che ha puntato il dito contro i dipendenti delle Popolari e le modalità con le quali convincevano i risparmiatori a investire, rassicurandoli sia sulla tranquillità dell’investimento che sulla pronta liquidità dello stesso (registrate le frasi usate dagli impiegati). Secondo le testimonianze raccolte da Bertorelli, venivano altresì usati profili Mifid precompilati. E ancora: «Un’altra prassi su cui la magistratura dovrà far luce era quella dei due preordini: con il primo si affermava l’inappropriatezza dell’investimento rispetto al profilo del risparmiatore, con il secondo fatto a distanza di pochi minuti, gli si faceva sottoscrivere che, pur prendendo atto di tale inappropriatezza, dava ordine alla banca di adempiere all’operazione». Ma ci sono altri reati ancora sui quali i risparmiatori hanno chiesto di procedere.
L’associazione a delinquere.
«I documenti che presentiamo sono la prova scientifica che c’è stata un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa», ha detto l’avvocato Sergio Calvetti in rappresentanza del Coordinamento don Torta e di circa 6 mila risparmiatori. Il legale, che ha depositato una relazione di oltre un centinaio di pagine, ha contestato la mancanza di controlli da parte delle Autorità di vigilanza. E Bankitalia è stata ieri nuovamente al centro delle accuse per le falle nei controlli. Il professor Rodolfo Bettiol per l’associazione Ezzelino da Onara ha sostenuto da parte sua la necessità di procedere per bancarotta fraudolenta.
Disparità di trattamento.
Il vicepresidente della Commissione Renato Brunetta, al termine dell’audizione, ha contestato «una disparità di trattamento della Vigilanza» nei confronti delle diverse crisi bancarie e tra Mps e le Venete. Brunetta ha sottolineato sia il diverso ammontare di risorse investite, sia il diverso ristoro.
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