Falsi corsi di formazione, due condanne

VENEZIA. Torna la truffa dei corsi regionali fantasma di formazione, a spese del Fondo sociale europeo e, quindi, di tutti i cittadini: centinaia di migliaia di euro pubblici destinati a realizzare corsi di aggiornamento rivolti al mondo sempre più vasto dei disoccupati e inoccupati e che, invece, si sono trasformati in ricchezze private.
Il meccanismo è sempre lo stesso: false fatture per il pagamento di lezioni e merci inesistenti e classi in cui gli alunni non sono mai entrati. Almeno in parte.
Al centro del raggiro contestato c’è l’Ente Formazione Lavoro della Regione Veneto, con sede a Portogruaro: «Un articolato sistema di frode» - lo ha definito la Guardia di Finanza di Treviso - che prima ha portato a una serie di patteggiamenti penali e ora alla condanna ai risarcimenti in Corte dei conti.
Così, nei giorni scorsi, i giudici contabili del Veneto hanno condannato l’Efal (nella figura del suo liquidatore e rappresentante legale Paolo Naleni) a restituire alla Regione Veneto 700 mila euro, mentre Fabrizio Busato (che dell’Efal è stato legale rappresentante fino al 2011) dovrà renderne oltre 171 mila, più interessi e 6 mila euro di spese legali. Un totale di 871 mila euro che, però, sono solo una parte degli 1,8 milioni di euro effettivamente pagati (e perduti) dalla Regione.
Secondo i giudici contabili di primo grado, presieduti da Guido Carlino - che hanno fatto in sostanza proprie le accuse mossa dalla vice procuratore Chiara Imposimato - «la Guardia di Finanza ha scoperto documenti di spesa falsi, assegni, parcelle, ricevute di pagamento, fatture, intestati a soggetti che non avevano svolto l’attività indicata, redatti all’insaputa degli stessi e riportanti firme non autentiche. Sono emerse falsità anche nel registro delle presenze, con allievi indicati come frequentatori del corso, ma che, in realtà, risultavano assenti perché all’università o al lavoro presso altre aziende». Un sistema complesso «di artifici e raggiri» per simulare corsi di formazione mai svolti che hanno indotto «in errore la Regione Veneto sull’esistenza dei presupposti per l’erogazione dei contributi, simulando anche l’acquisto di un immobile in centro a Treviso».
La difesa di Busato ha sostenuto che l’uomo fosse una sorta di “testa di legno” per conto terzi, prestandosi ad un’attività di volontariato e negando di aver mai falsificato firme, atti o registri degli alunni, negando quel dolo o colpa grave necessari per una condanna contabile al risarcimento e chiedendo, in ogni caso, la prescrizione. Ma i giudici contabili, pur ammettendo che corso dell’indagine penale, l’attenzione si fosse concentrata sulla figura del trevigiano allora direttore generale dell’Efal Mario Ferrarelli, nel frattempo deceduto, hanno ritenuto che Fabrizio Busatto non potesse non sapere cosa accadeva. Quanto alla prescrizione, per la Corte le accuse contabili decadono a cinque anni non dal compimento della truffa, ma da quando viene ricostruita e quindi dal rinvio a giudizio penale.
La Corte ha riconosciuto che, nel complesso, il danno subìto dalla Regione Veneto ammonta a 1,8 milioni di euro, contro gli 871 mila che Efal e l’ex rappresentante legale dovranno rimborsare, ma i giudici hanno preso atto della morte dell’ex direttore generale e del coinvolgimento nel raggiro di cooperative che non possono essere citate in sede contabile. Ora le parti potranno ricorrere in appello.
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