Falsi poveri in case pubbliche, nuova lista

La direttrice dell’Inpdap consegna alla Finanza gli elenchi delle famiglie con alloggi assegnati
PADOVA. Lo scandalo delle case Inpdap affittate in nero a studenti universitari si allarga. E’ stata la stessa direttrice dell’istituto nazionale di previdenza dei dipendenti della pubblica amministrazione a mettere a disposizione della Guardia di Finanza gli elenchi delle famiglie che abitano negli alloggi dell’Ente: ne sono usciti altri casi sospetti.


La responsabile dell’istituto, infatti, dopo la scoperta da parte di militari delle Fiamme Gialle di due inquilini che avevano in affitto un appartamento Inpdap a 700 euro al mese (alloggi in centro storico) e li avevano subaffittati in nero a studenti, ha deciso di andare a fondo per fugare qualsiasi eventuale ombra sulla gestione dell’Ente e stanare, se necessario, altri furbetti.


Ente e Guardia di Finanza si sono già scambiati i dati e non è detto che già nei prossimi giorni non ci siano altre novità. D’altra parte il comandante provinciale della Finanza Ivano Maccani, ha messo la guerra ai finti poveri fra le priorità dei suoi uomini anche per il prossimo anno. D’altra parte, i militari della Compagnia di Padova diretti dal capitano Giovanni Pipola e i colleghi del Nucleo di polizia tributaria del maggiore Antonio Manfredi da mesi stanno sentendo studenti universitari e chiamando i proprietari per verificare storie e denunce. Finora le anomalie (chiamiamole così) non sono mancate.


La Finanza, infatti, ha inviato i primi 80 questionari (sono 900 le posizioni considerate irregolari) ad altrettanti proprietari di alloggi affittati a studenti. Almeno il 50 per cento delle risposte ricevute ha svelato il malcostume: 17 i proprietari di appartamenti sottoposti ad indagine e 48 alloggi censiti. Eclatante il caso di due fratelli proprietari di ben 34 appartamenti tutti affittati - rigorosamente in nero - a studenti universitari. La Finanza ha presentato loro il conto: 500 mila euro da restituire al Fisco. «Pizzicata anche un’anziana» che aveva affittato il proprio alloggio ad una ragazza madre. Per l’appartamento, pieno di muffa e sprovvisto di acqua calda l’anziana chiedeva 400 euro con fattura (i soldi provenivano da un’associazione benefica che si era impegnata a pagare le spese alla giovane durante il periodo trascorso all’università) e altri 400 in nero. Per poter pagare la donna ha praticamente smesso di studiare: fra il lavoro e la bambina, infatti, la giovane non riusciva più a frequentare con regolarità. L’anziana, quando si è vista i finanzieri alla porta si è messa a piangere. Ha detto loro di essere pentita.


L’indagine condotta dalla Guardia di Finanza si basa principalmente sull’incrocio dei dati. E per fare ciò gli uomini delle Fiamme Gialle hanno firmato un protocollo d’intesa con il Comune di Padova (ma altri ne sono stati firmati con gli enti locali della provincia), l’Università, l’Esu e l’Usl 16. Grazie a questo lavoro di intelligence gli investigatori con le stellette hanno potuto effettuare uno «screening» su 10 mila posizioni di studenti universitari e scartare quelle regolari.


In pratica, incrociando i dati degli indirizzi lasciati dagli studenti all’Usl per poter usufruire del medico di famiglia senza residenza (possibilità concessa da un accordo fra Università e Usl 16), e poi quelli scritti nel registro della biblioteca universitaria (per prendere in prestito i libri di testo). E ancora: i nominativi delle bollette di luce, acqua, gas e rifiuti dei vari alloggi. E anche gli indirizzi di chi paga l’Ici sulla seconda casa (e successive), gli inquirenti hanno scoperto chi frodava il fisco.


E’ la prima volta che la finanza utilizza questo metodo per scoprire gli evasori. Fino a qualche anno fa, infatti, era impensabile riuscire a incrociare le varie banche dati in modo da far saltare fuori le incongruenze. Grazie alla «rete» la guardia di finanza è risalita agevolmente ai proprietari degli alloggi affittati in nero. Ed ha inferto un duro colpo a un sistema di illegalità. Lo stesso sistema, poi, è stato utilizzato per scoprire i finti poveri, ovvero coloro che chiedono agevolazioni per poter pagare meno le prestazioni sanitarie o le rette scolastiche dei figli, avendo un reddito più alto di chi invece ha il diritto ad avere degli aiuti. Anche in questo campo le indagini sono in corso.
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