Formazione e promozioni per infermieri e operatori socio-sanitari

Laura Berlinghieri

VENEZIA

In Veneto mancano infermieri e mancano operatori socio-sanitari. Per questo la Regione rispolvera due suoi cavalli di battaglia: la formazione complementare specifica per gli infermieri e, quanto agli Oss, una maniera per ampliare le loro competenze. Ma guai a parlare di “infermierini”: il muro eretto da sindacati, ordini professionali (e Ministero) non può essere scalfito.

Se ne è parlato ieri, nel corso di un incontro che ha visto seduti intorno a un tavolo l’assessora regionale alla Sanità Manuela Lanzarin e i sette presidenti delle sezioni provinciali dell’Ordine degli infermieri. «Un incontro proficuo e collaborativo» l’ha definito Lanzarin, che ha promesso ai suoi interlocutori un nuovo incontro, già la prossima settimana o al massimo quella successiva, per definire nei dettagli il piano d’azione.

Il problema è fondamentalmente uno: mancano infermieri, soprattutto nelle case di riposo. Qui, i pochi che ci sono continuano a spostarsi negli ospedali, dove i contratti sono più convenienti. Per questo l’assessora ha promesso l’istituzione di un tavolo dedicato specificamente alla riorganizzazione delle Rsa.

I temi affrontati ieri, oggetto dei prossimi dialoghi, sono diversi: lo sviluppo delle competenze clinico-organizzative nell’area dell’emergenza-urgenza, la revisione dei modelli organizzativi della day e week surgery, una sanità di prossimità, gli interventi domiciliari. Temi importanti, destinati però a cadere come un castello di carte, senza la risoluzione della questione principale: in Veneto mancano gli operatori sanitari, di qualsiasi tipo.

«Nei tavoli tecnici, saranno studiate delle proposte per ampliare le competenze degli operatori socio-sanitari. Ma non saranno sufficienti alcune ore di formazione per equipararli agli infermieri, come si era ipotizzato in passato» tiene a precisare Marina Bottacin, presidente veneziana degli infermieri. Niente infermierini, dunque. Anche per gli infermieri sono in programma delle gratificazioni e dei passaggi di “grado”.

Nell’incontro di ieri, si è tornato a parlare della formazione complementare specifica, tema oscurato dalla pandemia. «Una materia di grande attualità, soprattutto per i settori che oggi sono in maggiore difficoltà, come il Pronto soccorso, l’Anestesia, la Rianimazione o l’ambito socio-sanitario» precisa Lanzarin. In sintesi, gli infermieri che abbiano maturato una certa esperienza sul campo, lavorando per anni in un determinato settore, saranno ammessi a un corso di formazione complementare, per l’acquisizione di competenze avanzate.

Il Veneto ha già attivato tre percorsi pilota negli ambiti della gestione degli accessi vascolari, dell’assistenza anestesiologica e nella continuità delle cure. Sarà poi avviato un nuovo progetto di formazione complementare per formare i tutor dei corsi di laurea nelle professioni sanitarie. Oltre a questo, verrà data gratificazione, lavorativa ed economica, anche gli infermieri in possesso di un titolo accademico di specialità, ad esempio un master. A questi sarà riconosciuto automaticamente il percorso avanzato. —



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