«I politici si buttino a mare con una pietra»

INVIATO A ADRIA. Rancore e tensione si tagliano a fette sul sagrato del Duomo di Adria, mentre tutte e quattro le bare vengono benedette dal vescovo Lucio Soravito de Franceschi. La rabbia esplode quaranta chilometri più a nord, a Campolongo Maggiore, durante il funerale dell’autista Giuseppe «Dino» Baldan: «I politici hanno bevuto il sangue di questi ragazzi, è meglio che si leghino una macina al collo e si buttino in mezzo al mare» denuncia il parroco di Liettoli, don Renato Galiazzo. Ma è uno sfogo, violento e torrenziale, che comincia su quel sagrato di Adria. I politici locali han voluto una sosta - spettacolare e commovente - di tutte e quattro le bare davanti al Duomo. Ma Adria si stringe intorno alle «sue» vittime, e saluta con un applauso l’avvio verso Campolongo del quarto feretro. Un’inutile e brutale distinzione che processa uno per tutti, probabilmente sbagliando.
«Prudenza nei luoghi di lavoro» invoca il vescovo. «Loro sì sono stati prudenti» sussurrano amici e colleghi tra i banchi della chiesa, scaricando l’inutile colpa nell’autista di Campolongo. «La fretta, è colpa della fretta» sibila ancora in chiesa Mauro Luise, l’imprenditore della Coimpo che abbraccia ad uno ad uno i parenti assicurando loro vicinanza. «C’è un’inchiesta e si saprà solo al termine delle indagini - spiega - ma quell’operazione andava fatta in altro modo. E la mascherina dell’autista è stata ritrovata integra sull’autocisterna». Vai a sapere, poi, perché mai un semplice autista possa essere lasciato solo dentro a un impianto di trattamento rifiuti, senza il controllo e la supervisione del responsabile dell’azienda. Chi ha dato l’ordine a Baldan - o doveva impedire - di scaricare direttamente in vasca l’acido solforico che ha scatenato la reazione chimica killer? È il punto nodale attorno al quale ruota l’inchiesta che ha già messo sotto indagine i legali rappresentanti dell’azienda di Ca’ Emo e i responsabili della sicurezza. Dare la colpa all’autista, insomma, è un atteggiamento buono solo per lavarsi la coscienza ma non per fare vera luce su quel che è accaduto lunedì mattina a Ca’ Emo.
Da questa tragedia ci hanno rimesso tutti: Katia e il piccolo Luca, 5 anni, che hanno perso il marito e il papà Marco Berti; Francesca, la fidanzata con cui Nicolò Bellato sognava di sposarsi un giorno; i fratelli di Paolo Vallesella. E a Campolongo Giuseppe Baldan ha lasciato sola la moglie Monica, a crescere i figli Beatrice, 17enne, e Cristian, di appena undici anni.
Il vescovo richiama tutti alla misericordia: «Svolgevano il loro lavoro con impegno e dedizione, hanno cercato di soccorrersi fino all’ultimo istante. Ma questa tragedia ci insegna che siamo creature umane limitate e che dobbiamo agire con prudenza e senso del limite. E chiarire di più le modalità di lavoro. La prudenza non è mai troppa».
A pochi chilometri di distanza, lo scheletro della Coimpo sotto sequestro diffonde i suoi odori nauseabondi. Il proprietario rivela che probabilmente l’impianto chiuderà per sempre, travolto dalla tragedia e dalle proteste inascoltate degli abitanti. Gli americani con cui era in trattativa sono più interessati al pacchetto di autorizzazioni e certificazioni, il capannone lo lasceranno al suo destino.
Ai funerali molti sindaci e il governatore del Veneto, Luca Zaia. L’assessore regionale Isi Coppola e il consigliere Graziano Azzalin. C’è anche la senatrice democratica Camilla Fabbri, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro, che promette chiarezza. Giusto ieri mattina, a Cremona, due operai di 48 e 54 anni sono stati sepolti dal cedimento di un silos pieno di granaglie.
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