Il capo timbrava e usciva per un altro lavoro E due impiegate andavano a fare shopping

Sono i tre dipendenti sospesi, mentre la dirigente licenziata in tronco preferiva la palestra. Ora indaga la Corte dei Conti 
TOME-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-ESTERNI SEDE ARPAV
TOME-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-ESTERNI SEDE ARPAV

PADOVA. Lei, Stefania Stella, una laurea in Ingegneria e un posto di dirigente Arpav, usciva dall’ufficio quasi ogni giorno, subito dopo aver timbrato il cartellino. Non dalla porta principale, ma da un accesso secondario, che non dava nell’occhio. Da corso Milano, sede del Genio Civile dove ha lavorato in distacco per alcuni anni, raggiungeva una palestra in zona Prato della Valle e lì – appassionata sportiva – faceva gli allenamenti. Il suo diretto superiore all’ufficio tecnico Arpav, invece, lasciava il lavoro per dedicarsi a una sua seconda attività, i collaudi. Altre due impiegate facevano qualche capatina fuori per la spesa. È quanto emerge dalle indagini dei carabinieri di Padova sui furbetti del cartellino, quattro dipendenti padovani dell’ente regionale indagati per truffa aggravata. Al momento, va precisato, non ci sono né una sentenza e neppure un processo e gli interessati potranno dimostrare la loro eventuale estraneità alle contestazioni mosse ( supportate in alcuni casi da video, foto e pedinamenti). Ci sono invece i provvedimenti amministrativi: quello del licenziamento in tronco per l’ingegnere Stella e quello della sospensione per un mese del suo capo e delle due colleghe. Ma non basta. C’è ora anche l’istruttoria aperta dalla Procura della Corte dei Conti.

Palestra, shopping e collaudi. L’indagine è iniziata a seguito della segnalazione di un dipendente Arpav alla direzione sulle frequenti uscite della dirigente. L’ente ha subito denunciato la situazione ai carabinieri. Che, dopo un lavoro certosino fatto di appostamenti e riprese video, hanno chiuso la scorsa primavera le indagini. Gli accertamenti dimostrerebbero come Stefania Stella, tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, uscisse con regolarità quasi quotidiana dall’ufficio per andare in palestra e qualche volta (seppur più raramente) anche a fare shopping. Ma le indagini dell’Arma hanno rivelato altre irregolarità: il diretto superiore della donna e due impiegate di un ufficio diverso lasciavano l’ufficio in orario di lavoro chi per fare attività professionale privata e chi per lo shopping.

La cacciata. Quando alla sede regionale Arpav di via Ospedale Civile a Padova sono arrivate le carte d’indagine, la decisione è stata quella della “tolleranza zero”. Il 26 giugno il direttore generale Nicola Dell’Acqua ha firmato la delibera del licenziamento senza preavviso di Stella; sospesi gli altri tre. «La normativa vigente sul pubblico impiego, impone un regime più restrittivo sui procedimenti disciplinari conseguenti a comportamenti inquadrabili come nella “falsa attestazione della presenza in servizio”», spiega Arpav in una nota, «Quando tale falsa attestazione è in flagranza ovvero accertata da strumenti di sorveglianza o di registrazione, deve essere disposta l’immediata sospensione cautelare e la sanzione prevista è quella del licenziamento senza preavviso. I termini per la contestazione dell’addebito e per la conclusione del provvedimento sono fortemente ridotti per consentire alla PA azioni tempestive ed efficaci».

Indaga la Corte dei Conti. Intanto sul caso anche la magistratura contabile ha aperto un’istruttoria: la legge Brunetta e successive modifiche, spiegano a Venezia, consentono alla Procura contabile di contestare il danno all’immagine pur in assenza di condanna definitiva penale.

Licenziamento impugnato. Sul fronte amministrativo Stefania Stella pare intenzionata a impugnare il licenziamento. Sul piano penale il suo difensore, l’avvocato Giovanni Chiello, precisa che «la situazione non è ancora completa, riteniamo di poterci difendere in sede dibattimentale».

Sabrina Tomè. Carlo Bellotto.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova