Il fotovoltaico fa crescere rendita catastale e tasse

Circolare dell'Agenzia delle Entrate equipara gli impianti superiori ai 3Kw all'ampliamento dell'edificio. Quasi cinquantamila veneti pagheranno di più
SALMASO - FOTOVOLTAICO SCUOLE DI PONTEVIGODARZERE SALMASO - FOTOVOLTAICO SCUOLE DI PONTEVIGODARZERE
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VENEZIA. I quasi 50 mila veneti che hanno installato sulla propria abitazione un impianto fotovoltaico superiore ai 3 kWp saranno costretti ad aggiornare la rendita catastale come avessero costruito dei nuovi vani, in relazione al valore del proprio impianto. Lo dice la circolare 36/E dell’Agenzia delle Entrate che impone l’obbligatorietà dell’accatastamento per gli impianti fotovoltaici casalinghi di portata superiore ai 3 kWp il cui valore superi il 15% della rendita catastale dell’immobile che alimentano. Chi un impianto lo ha ed è superiore a questi limiti si vedrà quindi aumentate le imposte che si riferiscono all’immobile connesso. Si tratta principalmente di un aumento dell’Irpef, dell’Imu e della Tares, corrispettivo all’aumento della rendita conseguente all’accatastamento dell’impianto stesso.

Secondo i dati forniti da Legambiente, gli impianti incentivati presenti oggi in Veneto mediamente raggiungono i 5,6 kWp e quindi sono soggetti alla normativa. «È assurdo osservare come lo Stato infine punisca i cittadini che sono stati più sensibili alle questioni delle energie rinnovabili proprio aumentando loro le tasse sulla casa» Dichiara Piero de Candia, responsabile Energia di Legambiente Padova «se vogliamo raggiungere gli obiettivi nazionali previsti dall’Ue per il 2020, colpire chi inquina meno è davvero incomprensibile. Oltretutto non è ancora chiaro, in questa circolare nata per chiarire la situazione relativa agli impianti e alla loro fiscalità quali siano le sanzioni per chi non si adeguasse».

Andando a fare un calcolo su di una mezza bifamiliare, categoria catastale A/3 classe 3 vani 4,5 costruita negli anni ottanta con una rendita catastale di 488,05 euro il valore catastale raggiungerà i 48.805 euro. Il 15% di tale valore sarà 7.320,75 euro. Ipotizzando un impianto di 6 kWp, il cui costo al kWp ragguagliato al 1988-89 (l’anno dell’ultima revisione degli estimi catastali) sarà di 1.400 euro, il nostro concittadino dovrà fare i conti con il Catasto in quanto il valore del suo impianto sarà superiore al 15% della rendita catastale dell’immobile di riferimento.

Ora per i cittadini che hanno scelto le rinnovabili inizia un calvario. Per capire se dovranno aggiornare la propria rendita catastale dovranno riprendere in mano la documentazione del loro impianto; ricostruire la spesa complessiva sostenuta fino al momento dell’allacciamento con la rete elettrica nazionale; calcolare con svariati coefficienti se il valore del loro impianto (per altro ragguagliato ai valori del 1989) supera o meno il 15% del valore catastale dell’immobile e poi affrontare il Catasto. E se l’aggiornamento della rendita dovrà essere fatta, non si potrà che rivolgersi a un professionista con ulteriori aggravi di spesa. Il tutto all’unico scopo di vedere aumentare le tasse relative a quell’immobile, Irpef, Imu e Tares in primis. E se l’Agenzia delle Entrate non commenta dicendo che è la stessa circolare a parlare per essa, gli uffici del Catasto si stanno attrezzando per rispondere alle domande dei cittadini allarmati. « Il conteggio è alla portata del cittadino» assicura Moreno Benettazzo, del Collegio dei Geometri di Padova «ma sarà possibile rivolgersi a un geometra del Collegio o al Catasto qualora non si volesse provare con il calcolo fai da te. Serve munirsi delle fatture relative alle somme spese per l’impianto e gli estremi catastali dell’unità immobiliare». (r.s.)

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