Il politologo: «L’astensione supererà i livelli del 2010»

VENEZIA. Un nemico comune e sempre più forte. Il partito del non voto, stimano gli addetti ai lavori, questa volta sarà ancora più robusto del 2010, quando guadagnò il 35%, ovvero le stesse preferenze della Lega di Zaia pigliatutto. Da allora si è frantumato il centrodestra, si è istituzionalizzata la protesta e anche il centrosinistra ha cambiato volto. Basterebbe questo a non garantire appigli. Invece, cosa tutt’altro che trascurabile, si vota il 31 maggio, a cavallo del primo ponte d’estate. «Tutto fa credere che l’astensionismo sarà superiore a 5 anni fa» conferma Marco Almagisti (nella foto), docente di Scienza politica all’Università di Padova «allora ci confrontavamo con la leadership di Bossi e Berlusconi - spiega - oggi uno è sparito e l’altro ha un ruolo marginale. Tuttavia, per quanto riguarda il centrosinistra, sarebbe troppo semplice aspettarsi la riedizione del risultato di Renzi alle Eurpoee: a livello locale, infatti, l’effetto alone del leader è più limitato. Non a caso, mentre il premier nel 2014 lambiva la mitica soglia del 40%, il suo candidato perdeva a Padova. E alle Regionali resta la difficoltà del centrosinistra di collegarsi al leader nazionale, né è sufficiente per superare il gap storico che paga il centrosinistra in Veneto. In questo scenario si insinua le leadership di Zaia, che sul territorio si conferma un valore aggiunto: la sua capacità di comunicare tocca alcuni temi forti per l’anima dell’elettorato».
Come spiega che l’immagine del governatore passata indenne per gli scandali che hanno riguardato l’amministrazione regionale?
«Zaia è stato in grado di separare la propria figura dalla gestione precedente. Il suo essere disallineato gli ha consentito di uscirne immacolato. Ha la capacità di farsi percepire attraverso il proprio ruolo istituzionale, carica che utilizza in modo molto abile creando valore aggiunto. A livello locale lui può dirsi senza dubbio un leader».
Quale crede sarà il ruolo di Tosi in questo scenario?
«Ha avuto una partenza forte come lo è stata l’uscita dalla Lega, ma la sua è una prospettiva di più lungo corso e il risultato percentuale del sindaco darà più che altro una risposta su quanto credito avrà il nuovo progetto politico di ristrutturazione e aggregazione del centro».
Dove recupererà i voti?
«Quasi tutta la sua campagna è stata incentrata sul forte contrasto alla leadership di Salvini e, complice il sostegno di parte dei politici che lo hanno seguito, avrà senza dubbio un influsso sulla Lega. Tuttavia, la sua presenza in contrasto con la strategia renziana di sfondamento al centro e la facoltà di voto disgiunto gli consentono di agire oltre gli schieramenti».
La parabole del M5S può dirsi conclusa?
«Il voto di protesta è ancora presente. Solo che mentre un paio di anni fa il M5S drenava i voti di Lega e Pdl in caduta libera, ora deve fare i conti con il fatto che la Lega abbia ricominciato a raccogliere consensi».
Gli altri candidati sono semplici comparse?
«Sono molto attento al risultato degli indipendentisti. Anche se in passato non hanno avuto grandi risultati, trattano temi che condizionano il dibattito politico ed è degno di attenzione il fatto che Zaia abbia assorbito e istituzionalizzato una parte della loro voce».
Però esclude sorprese anche nelle retrovie.
«La partita è sempre aperta e avvincente, ma i dati ci dicono che c’è un favorito. Mi sembra oggettivo. E poi c’è il laboratorio Tosi da tenere d’occhio per il futuro».
Nemmeno l’astensionismo può incidere?
«Cinque anni fa un veneto su tre non andò alle urne. Ora c’è il serio rischio che questa percentuale aumenti. Ma l’astensionismo non può essere ridotto a disinteresse. C’è semmai un’insoddisfazione strisciante. C’è molto interesse per la politica e i temi sociali. Il livello delle richieste è molto alto per cui a volte per la politica è difficile riuscire a dare una risposta. Ma l’insoddisfazione non è disinteresse a va interpretata con grande coraggio».
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