Il Veneto non avrà l’inno, Berlato mette ko la Lega

V ENEZIA. Il Veneto che sogna l’autonomia da Roma non avrà l’inno da intonare con l’alzabandiera, come si confà ad una nathion che cerca di rispolverare gli antichi fasti della Serenissima con la bandiera di san Marco. Alle cerimonie ufficiali Luca Zaia e Roberto Ciambetti dovranno intonare sempre e soltanto l’Inno di Mameli con la variante dell’Inno alla gioia di Beethoven per la felicità di Angela Merkel. Ieri il consiglio regionale ha prima approvato la nuova legge elettorale che entrerà in vigore nel 2020 e poi bocciato la proposta di Antonio Guadagnini, venetista convinto, che voleva introdurre l’inno nello statuto della Regione Veneto per “mettersi al passo con la Lombardia, la provincia di Trento e le Marche».
Niente da fare. Alle cinque del pomeriggio, il presidente dell’assemblea, Roberto Ciambetti, ha messo ai voti l’articolo 5 che prevedeva la scelta dell’inno venetista: 25 i voti a favore. Troppo pochi. Il regolamento prevede infatti che le modifiche dello statuto siano approvate con la maggioranza assoluta (26 voti) ma le assenze del governatore Zaia e di un paio di assessori impegnati fuori Venezia, hanno costretto la Lega ad alzare bandiera bianca.
Sconfitta incassata con eleganza, tanto che Nicola Finco nella pausa pomeridiana dopo aver fatto e rifatto i conti in aula, l’ha buttata sul ridere: «Ho proposto che si valuti anche la “Canzone del Piave”, tanto cara alla Patria, con la frase storica: non passa lo straniero” che va sempre aggiornata. In realtà, qui a Venezia, mi pare perfetto intonare “Marietta monta in gondola”. Non so come finirà, ma non faremo drammi».
In soccorso di Lega e Lista Zaia sono arrivati i voti di Giovanna Negro, Andrea Bassi e Pietro Dalla Libera, eletto con la lista Moretti, ma spesso sensibile ai temi della maggioranza. Il miracolo non è riuscito. Deluso Antonio Guadagnini, che ieri l’ha fatta da protagonista. «Non capisco perché il Veneto non possa intonare il suo Inno alla pari di Sicilia e Lombardia. Non c’è alcun conflitto con l’Inno di Mameli, che ricorda però l’annessione del Veneto alla monarchia sabauda del regno d’Italia. A me sarebbe piaciuto poter intonare la Juditha triumphans di Antonio Vivaldi scritto per celebrare la grande vittoria dei veneziani nel Settecento con la liberazione di Corfù in Grecia. Vittoria ottenuta con l’ausilio delle truppe austriache e prussiane: purtroppo non si può ridurre la storia di Venezia a una delle 4 repubbliche marinare e liquidarla con una paginetta nei libri di storia e la scelta dell’inno poteva essere il primo passo del rilancio culturale. È chiaro che non pensavo di farlo suonare il 4 novembre o il 25 aprile». Niente da fare. Guadagnini e la Lega sono stati battuti non solo dal Pd, M5S, Lista Moretti, che sono tradizionalmente all’opposizione, ma dalla tenace opposizione di Sergio Berlato e Massimiliano Barison di Fratelli d’Italia.
«Mi sento italiano, veneto e vicentino magnagati e non ho alcuna intenzione di seguire le battaglie venetiste e secessioniste di Guadagnini che almeno ha il coraggio di uscire allo scoperto, mentre i suoi alleati stanno zitti e si nascondono. Voteremo contro. Non ci piace l’idea di un inno dei veneti contrapposto a quello italiano. Ci sono dei valori non negoziabili in politica. Noi ci sentiamo italiani a tutti gli effetti». Più morbida la posizione di Forza Italia. L’assessore Elena Donazzan al momento del voto era fuori dall’aula, mentre Massimo Giorgetti si è astenuto e la proposta dell’inno venetista è naufragata.
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