Impresa in crisi, si spara Avanzava 350 mila euro

L’imprenditore della Eurostrade 90 di Vigonza non riusciva a pagare gli operai Lutto a Jesolo dove la famiglia aveva costruito piazza Mazzini: «Uno di noi»
BARON SUICIDIO IMPRENDITORE EUROSTRADE VIGONZA
BARON SUICIDIO IMPRENDITORE EUROSTRADE VIGONZA

di Paolo Baron

PADOVA

«Seimila euro al posto di centoventimila? No grazie. Io non accetto la carità». E’ così che si uccidono le persone oneste. Giovanni Schiavon, 59 anni, titolare della EuroStrade 90, impresa di asfaltatura di Vigonza, padovano residente a Padova in via Falcone 2, notissimo a Jesolo, dov’era considerato uno del paese, lunedì pomeriggio si è ammazzato con un colpo di pistola perché non avrebbe mai barattato la propria dignità. Avanzava da mesi circa 350 mila euro per lavori già eseguiti. Crediti, esigibili e non, vantati nei confronti di altre aziende per cui la EuroStrade aveva lavorato in questi anni, fra cui la Edilbasso, la ElettroBeton e la Alcos.

Quei soldi Giovanni Schiavon li voleva, li pretendeva non solo in nome di un professionalità che tutti gli riconoscevano ma nessuno imitava. Lui che onorava gli impegni e pagava le tasse. Il denaro a Giovanni Schiavon serviva: linfa, ossigeno, cuore. Gli serviva per pagare gli stipendi dei suoi sette operai che non li percepivano da tre mesi e che dal primo dicembre scorso erano in cassa integrazione. Gli servivano per pagare i fornitori. Poche ore prima di premere il grilletto, tanto per rimarcare la differenza, Giovanni Schiavon ha fatto visita a un suo creditore e gli ha staccato un assegno da 1.700 euro. Gli ultimi che aveva. «Questo gesto dà la cifra di che persona fosse Giovanni – ricorda il suo legale Fabio Greggio – un imprenditore corretto, onesto, buono».

Forse per questo fuori tara rispetto ai tempi che corrono. «Fai causa a chi ti deve i soldi», gli era stato consigliato di recente. «Non posso buttare in strada altre famiglie», aveva risposto Giovanni Schiavon. Una risposta certamente «fuori mercato» di questi tempi. Ne è convinta anche la figlia Flavia che sul sito del mattino di Padova ha scritto: «mi ha insegnato a guardare sempre le persone negli occhi quando si parla e andare sempre via a testa alta. ciao papà». Un addio rabbioso il suo, come può essere quello di una figlia che ora si ritrova catapultata in una situazione che suo padre non avrebbe mai voluto. Giovanni Schiavon si è trovato spalle al muro.

Da settimane girava a vuoto, un cinico gioco dell’oca in cui le caselle erano sportelli di istituti bancari, imprese, colleghi, sindacati e associazioni di categoria. Tutti prodighi di consigli inutili ai fini pratici. Giovanni Schiavon si è così ritrovato di nuovo al punto di partenza. In mano la Beretta calibro 7,65 denunciata nell’agosto del 2010 in questura. E l’aria di chi non ce la faceva più. Nel tempo di uno sparo Giovanni Schiavon ha cancellato 25 anni di lavoro e annichilito familiari e amici. «Perdonatemi per il male che vi faccio – ha lasciato scritto in stampatello in un foglio appoggiato sulla scrivania del suo ufficio – vi ho voluto tanto bene (sottolineato con la penna tre volte ndr). Non ce la faccio più».

Il giorno dopo il ritrovamento da parte della segretaria del cadavere di Giovanni Schiavon riverso nell’ufficio di via Andreon 7, è tutto un accusare, incolpare, ditte, banche, enti pubblici. La verità è che Giovanni Schiavon era rimasto (lasciato) solo con la sua famiglia a fare i conti con un sistema collassato da tempo. In mano l’imprenditore aveva fatture e assegni inutili: rabbia da arrotolare fra le mani ad ogni no. Carta straccia di fronte alle scadenze da onorare.

Giovanni Schiavon era jesolano d'adozione. La famiglia Schiavon, con il padre e capostipite Edo e gli altri due fratelli, Lino e Tiziano, che abitano ancora sul litorale, era stata protagonista nella nascita del lido. Negli anni 50 erano arrivati sul litorale con le pietre che il nonno aveva portato da Padova per costruire in piazza Mazzini. La famiglia è ancora proprietaria di immobili come il bar Roma, il bar Eden, il condominio Maxim, e dove Giovanni passava i pochi momenti liberi. «Per noi è stato un colpo al cuore - dice Giorgio Pomiato, commerciante della piazza - Giovanni aveva già sopportato tanti lutti in famiglia. Era una persona davvero per bene».

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