«Io, medico in pensione torno in prima linea. E ai colleghi dico: ora non abbiate paura»

Giuseppe Rizzotto, 67 anni, ex primario di Otorino a Vittorio Veneto, da martedì farà tamponi davanti all’ospedale: «È un dovere aiutare»
l’intervista
 
In pensione da un anno, non ha mai smesso di andare in ospedale. Anche ai tempi della pandemia è in trincea schierato contro un nemico invisibile. Giuseppe Rizzotto, 67 anni, è primario emerito dell’unità operativa di Otorinolaringoiatria dell’ospedale di Vittorio Veneto. Alle spalle oltre quarant’anni di servizio ininterrotto, uno specialista conosciuto in Italia e in tutto il mondo per aver permesso ai malati di tumore alla laringe di tornare a parlare e senza alcuna cicatrice evidente. Rizzotto è forse il primo medico in pensione che in questi giorni ha risposto all’appello dell’Usl e della Regione.
 
Dottor Rizzotto, come mai la decisione di mettersi a disposizione per fare tamponi? 
«Giovedì mattina ho mandato un messaggio al governatore Luca Zaia. Gli ho detto che, viste tutte le difficoltà a reperire personale idoneo per eseguire i tamponi, mi mettevo a disposizione e che sono pronto a fare tutti i tamponi che vuole all’ospedale di Vittorio Veneto. Dopo neanche mezzo minuto la risposta del governatore: mi ha ringraziato».
 
Quindi è già operativo?
« Ora bisogna organizzare la cosa. Mi sono messo subito in contatto con il direttore Salemi. Gli ho chiesto: siete d’accordo? Lo facciamo? Io sono pronto e Zaia è d’accordo».
 
E ora?
« Adesso ci sono da fare tutti i passaggi necessari. Devono mettersi in contatto con la protezione civile. In ogni caso, ho già detto che martedì mattina alle 7.30 sarò comunque in ospedale. Se è tutto predisposto partiamo. Se non è pronto, richiamo Zaia e gli riferisco che non sono riusciti a mettere in piedi il discorso. Comunque, lo ribadisco, mi metto a disposizione».
 
Ma, dica la verità, cosa l’ha spinta a fare questa scelta?
«Non potevo restare indifferente davanti a tutta questa difficoltà. I medici di base hanno problemi e fanno resistenza. Allora mi sono detto: mi metto io. Sono in grado di fare centinaia di tamponi tutte le mattine, senza nessuna difficoltà. È un falso problema che non si riesce a trovare personale. Non esiste».
 
Perché dice questo?
« Perché, per esempio, se lo avessero chiesto a me, ne troverei dieci disposti a fare tamponi anche domani mattina».
 
Come ha reagito sua moglie a questa sua decisione di tornare in campo? 
«Non lo sa ancora ... glielo dirò, glielo dirò».
 
Cosa ne pensa dell’appello ai veterinari? Lo ritiene un ragionamento fondato? 
«Fare un tampone è una cosa semplice, elementare. In una situazione di emergenza potrebbe anche andare bene, ma non servirebbe neppure chiamare in causa i veterinari. Basterebbe che i medici di base si mettessero a fare i tamponi. Il problema non è di tutti: ci tengo a precisare, ce ne sono di bravi, ma altri si sono chiusi in casa e non vogliono più vedere nessuno. Hanno paura di prendere il virus».
 
E lei non ha paura, considerato che ha una età compresa in una fascia ad alto rischio? 
«La paura c’è sempre, ma l’unica cosa che i medici non devono avere è proprio la paura, perché fa parte della loro vita. Il giuramento di Ippocrate parla chiaro. I medici, quando succedono cose di questo tipo, devono essere in prima linea, non tirarsi indietro».
 
Che idea si è fatto di questa pandemia?
«Di questo virus sappiamo ancora poco. Cosa succederà, credo che nessuno sia in grado di poterlo dire. Abbiamo un dato: l’epidemia del 1918, la spagnola. Questa ha fatto tre picchi e al terzo si è esaurita. Però non sappiamo se anche questa volta sarà così. —
 
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