Katharina Miroslawa «Da giugno a Vienna per rifarmi una vita»

L’ex ballerina polacca presto avrà finito di scontare la pena: «Subito via dall’Italia che mi ha accusato ingiustamente»

VENEZIA. Vive alla Giudecca, lavora in un laboratorio di sartoria, studia filosofia teoretica all’università di Scienze religiose, prega nella chiesa del Redentore a Venezia. Da giugno 2012 questa è la cinquantenne Katharina Miroslawa, ex ballerina polacca condannata a 21 anni di reclusione come mandante dell’omicidio dell’amante, l’imprenditore Carlo Mazza. Dopo dodici anni di reclusione nel carcere veneziano e l’affidamento in prova ai servizi sociali, il prossimo giugno sarà persona libera.

Cosa la spinge a parlare e a raccontare di sé?
«Per me è l’ultima possibilità di rendere visibile la mia produzione di borse. Per il Carnevale di Venezia 2013 ho pensato a una linea di modelli ispirati al tema “Vivi i colori”. Sono partita dai materiali a mia disposizione, multicolorati e di ogni tipo, pelli, velluti, damaschi, pizzi. Con gli scampoli, dono di una fabbrica di sedili per automobili, ho elaborato queste confezioni. Le mie borse sono acquistabili al Banco Lotto n. 10, a Castello 3478/a, salizada Sant’Antonin. Il ricavato tuttavia per legge non spetta a me ma alla cooperativa Il Cerchio».

In attesa della libertà, giugno 2013, cosa sta facendo?
«Ho ancora l’obbligo di lavorare. Sono part-time, 4 ore al giorno con 550 euro mensili. Lo considero quasi volontariato. Deve uscire sempre il nome della cooperativa, ma c’è anche il mio lavoro e metto idee, fantasia, mani, cuore».

Sta anche studiando?
«Al Marcianum, da due anni. Frequento filosofia teoretica. Mi interessa quella applicata alla vita, apre la mente, aiuta a capire il mondo, ad esserne parte. In carcere mi sono diplomata tecnico dell’abbigliamento e della moda con l’Istituto Ruzza di Padova ricevendone il permesso dopo un sacco di tempo. L’istituzione temeva una studiata esposizione mediatica. È ingiusto. Sulla carta esistono tante belle intenzioni, ma non c’è fiducia per le persone che possono anche cambiare».

Che rapporto ha con la religione?
«Sono profondamente cattolica. In Polonia, mio paese natale, ho ricevuto il sacramento del battesimo e della comunione. Poi mi sono allontanata. Dietro le sbarre mi ha cresimata il cardinale Marco Cè. Una cerimonia commovente. Ogni domenica vado a messa al Redentore».

Come si pone di fronte al futuro?
«Mi chiedo ogni giorno qual è la mia vocazione esistenziale. Sto al mio posto proponendomi di far bene ogni cosa. Rispetto tutti nonostante l’angheria processuale che mi è stata inflitta».

Lei è mamma ed è nonna?
«Anche se ho due figli e una nipotina che mi aspettano, non mi sento per niente né l’una né l’altra. Questa storia mi ha portato via la vita. Quando non fai né la mamma né la nonna, figli e nipoti non ti appartengono. Sono degli altri, se ne vanno. Di anno in anno pensavo di chiudere in modo positivo “il giallo di Carnevale” e di riprendere la mia vita via dall’Italia. Invece…Per sei, sette anni sempre processi, poi la condanna. Un dolore. Quando il mio amante è stato ucciso io ero la sua compagna ma non avevo nessun rapporto con l’Italia. Venivo per lavoro con mio marito. Eravamo una coppia di ballerini, giravamo. In Italia sono arrivata nel 1984. Il fatto è successo nel 1986. Il primo processo nel 1987».

Ora cosa vorrebbe?
«Un Perry Mason, un avvocato di successo appassionato. I presupposti per il processo di revisione ci sono, chiederei anche i danni per un’ingiusta condanna. Ma è da valutare se uno ha ancora voglia di fare battaglie giudiziarie o è meglio guardare avanti. Non dipendo da un eventuale processo di revisione. Ho la mia vita, ma se stessi zitta mi sentirei una vigliacca».

Venezia le ha dato o le ha tolto?
«Nel 2000, latitante, mi hanno riportata a forza in Italia. Sono sbarcata nel carcere lagunare, l’unico vivibile. Non riesco a odiare questa città. Mi ha dato. Sono più veneziana dei veneziani. Quando riuscirò a dimostrare che il mio processo è stato una farsa, la città dovrebbe darmi la cittadinanza onoraria».

Quando sarà libera a cosa si dedicherà?
«So cosa non farò: l’insegnante di religione. Un’idea sul futuro ce l’ho. Da un’altra parte ho la mia vita, nuovi progetti. I miei genitori vivono in Baviera, alcuni parenti ad Amburgo. Vorrei aprire una scuola di balletto».

Dove andrà?
«Di certo in Italia non resto. Da anni voglio andare via, anzi ero già via, vivevo a Vienna. Quella sarà la mia città».

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