La banda della lira: «Quei soldi sono opere di carità, non siamo riciclatori»

SPINEA. «Non sono a capo di una banda di riciclatori. Io voglio solo affermare un principio che si basa sul diritto: ai miei clienti deve essere accolta la richiesta di cambio delle vecchie lire in euro. Sono io il primo che evita di far cambiare i soldi a chi non vuole comparire in prima persona».
L’avvocato di Spinea Luciano Faraon, spiega il suo mandato nell’operazione cambio lira-euro che ha visto venti clienti rivolgersi a lui per convertire ben cinquemila miliardi di vecchie lire.
La vicenda è stata raccontata nell’ultimo numero del settimanale Espresso da Giovanni Tizian e Stefano Vergine: una montagna di banconote delle vecchie lire che d’incanto sono ricomparse, frutto di evasione fiscale (quando non lo sono di traffici illeciti). Tutto avvenuto alla fine dello secolo scorso.
L’avvocato Faraon spiega come tutto è iniziato. Ed è singolare che a far cominciare l’operazione sia stata un’intento caritatevole. «Abbiamo chiesto mesi fa, sulle pagine del Giornale di Rovigo che le persone che rinvenivano lire le donassero al Centro Beata Maria Bolognesi perché lo stesso traesse, mediante la conversione in euro, i mezzi per opere di solidarietà».
Faraon riceve una prima donazione di 150 mila lire da Giorgio Ronchi, un broker svizzero che conosce da vent’anni e che poi inizia con lui la battaglia per far cambiare i soldi a favore di decine e decine di, quantomeno, evasori.
Faraon ricorda: «Dopo quei soldi più nulla. Addirittura ho parlato con un parroco di Rovigo che stava facendo lo stesso, per chiedergli se aveva bisogno di una collaborazione e mi ha risposto che si sarebbe arrangiato. Ancora oggi invito, chi ha lire trovate o nascoste che le invii, anche anonimamente al Centro Beata Maria Bolognesi di Rovigo ad evitare che le ricchezze vadano distrutte».
Quando si sparge la voce che l’avvocato Faraon, oltre ad occuparsi di questi cambi, ha pure realizzato uno studio per dimostrare che il diritto è dalla sua parte, si presentano al legale decine e decine di clienti che chiedono assistenza per ottenere il cambio.
Molte sono posizioni sospette e lui non solo si rifiuta di sostenere il cliente, ma segna nel registro “operazioni sospette” quelle che puzzano di riciclaggio di denaro sporco. Come è avvenuto per una richiesta giunta sabato scorso e che riguarda cento miliardi di vecchie lire. Queste registrazioni sono ora a disposizione della magistratura se vorrà indagare su queste persone.
«Al di là del clamore vorrei precisare che la prima grossa situazione presentatasi per il cambio delle lire è stata da me segnalata alla polizia giudiziaria perché incompatibile con le mie scelte di vita e l’evidente provenienza dalla criminalità organizzata del denaro. Gente che ovviamente voleva fare cash to cash», spiega l’avvocato, «chi invece ha lire solo da evasione, alla fine accetta una procedura chiara con conseguente rapporto diretto con il fisco. Del resto il ricavato in euro delle lire è denaro lecito proveniente da una desclousure. La class action, nata per caso e come studio in diritto del caso dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2015, è anche nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e non solo della Banca d’Italia. Voglio ricordare: chi mai rinuncia ad una prescrizione e o ad una amnistia, anche se innocente, sapendo come funziona la Giustizia in Italia? Quindi non si può censurare chi abbia voluto usufruire della prescrizione per salvaguardarsi da una situazione fiscale punitiva».
Molti evasori sono tornati alla carica, per cambiare le lire nascoste al fisco due anni fa, quando la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo un provvedimento del Governo Monti. Provvedimento che aveva accorciato i termini entro i quali si poteva cambiare le vecchie lire. In sostanza nel 2011 Monti decide che i 10 anni e 2 mesi stabiliti al momento dell’entrata in vigore dell’Euro sarebbero diventati 9 anni e 11 mesi.
Ebbene, centinaia di persone che avevano denaro nascosto in ogni dove e frutto di evasione, non potevano più chiedere il cambio senza finire nei guai in quanti la prescrizione per i reati avvenuti sarebbe arrivata dopo un mese. Troppo tardi.
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